"Vallanzasca - Gli angeli del male" , bella sfida...bella sfida soprattutto parlarne! Perché di questo film (a mio avviso molto ben fatto) ho ancora la eco delle critiche negative, delle recensioni 'alte' e pesanti e addirittura di fazioni politiche che si sono permesse di boicottarne la proiezione, entrare in territori (giudicare un film) lontani dalle loro competenze, non solo,ma che forse farebbero meglio a valutare le 'loro' mancanze nel far rispettare le regole... "Apologia del crimine", questa la frase che aleggiava tra benpensanti . Come se di film su criminali non se ne fossero mai fatti. Il cinema americano ne è pieno. E non credo si siano sollevate sterili polemiche. Questo il 'brutto' detto sul film che tanto mi fece arrabbiare.
Venendo alle mie impressioni- mi astengo dal chiamarla recensione, apposta!- anche perché il ciclone Vallanzasca l'ho "vissuto", ai tempi, ed ero abbastanza grandicella per averne paura e al tempo stesso, esserne incuriosita. I tg erano pieni della sue 'gesta',era diventato un fenomeno mediatico nonché uno dei più 'ammirati da molte donne' (e qui , io, tentennavo perché era, in fondo, un criminale ehh!) . L'arrivo nel carcere di Ariano Irpino, provincia del capoluogo in cui vivo, destò non poco scalpore. Ma ricordo anche la spettacolarizzazione delle tv locali di questo evento.
Recarmi al cinema a vederlo , mi sembrò quasi doveroso, ben sapendo anche il cast e la regia. Erano i famosi anni ’70, brigatisti, celerini, camorra... io, a fine corso universitario, ho personalmente assistito a eventi per niente edificanti, anche nella mia cittadina. Frattanto, in tutta la Lombardia, tra Lodi e Milano, c’è un solo nome che risuona: quello di Renato Vallanzasca. Il criminale dal fascino oscuro, il criminale sanguinolento odiato dai carabinieri, colpevole di averne fatti fuori troppi durante i suoi colpi, il criminale delle grandi evasioni.Impossibile non trarne un film: è il fascino del male. Molti registi e sceneggiatori avevano provato a farlo. Michele Placido ci riesce scegliendo la via della biografia didascalica. Dal Vallanzasca ragazzino a quello delle grandi imprese, gli intrallazzi con la mafia e, soprattutto,il bisogno di farsi riconoscere, e riuscire nei 'colpi' che ha in testa di compiere.
Non è il denaro che lo chiama, non è il lusso che cerca: è la sfida.E' furbo e intelligente – bisogna riconoscerlo – e con la sua bella faccia tosta riesce a farla franca, a fare un figlio mentre è in carcere, a sposarsi pure, a evadere più volte da quel carcere e dare inizio a una escalation di furti e violenze che lo riporteranno dietro le sbarre ma anche su tutte le pagine dei giornali e in tv.
Lasciando perdere le polemiche sul film, sulla mitizzazione del male e anche la comprensibile rabbia dei parenti delle vittime (un film su vicende così dolorose va sempre a toccare nervi scoperti e riesce a far sanguinare vecchie ferite) è un lavoro assolutamente non 'improvvisato' .
Vallanzasca fu visitato diverse volte in carcere da Kim Rossi Stuart, per ricevere consigli su una buona immedesimazione, e da Michele Placido, il quale gli fece vedere personalmente la sceneggiatura per ottenere consigli. L'attore fu inoltre seguito un insegnante di teatro di Milano, per imparare l'accento milanese necessario per la parte. Si trattava di lavorare essenzialmente sulla complessità del personaggio, vista l'intenzione di rappresentarne la parte oscura e contemporaneamente capirne il lato umano, e per prepararsi alla parte Kim si impegnò a leggere diversi articoli e libri sul criminale per quasi due mesi:
«Il primo impatto è stato sorprendente. Vallanzasca è dotato di una carica umana impensabile. Un uomo intelligente, lucido. Uno che ha capito, quando ancora non si usava, il ruolo determinante dei media. Che li ha saputi usare alla grande. Vallanzasca fa pensare davvero a quanto contino le "sliding doors" nella vita. Se lui fosse nato in un altro contesto, avesse incontrato altre persone, avesse avuto occasioni diverse, chissà cosa poteva diventare. E invece... In 58 anni, ne ha fatti 38 di carcere. Sono numeri che fanno riflettere, che ti spingono ad affacciarti su un baratro.»
Il film dura due ore eppure non ha un attimo di stanchezza. E’ un continuum mozzafiato di salti temporali tra momenti di ascesa e di caduta, di tenerezza e crudeltà, con innesti musicali ad hoc.
Kim Rossi Stuart si cala talmente bene nella parte dell’istrionico criminale da assumere le stesse espressioni dell’originale, confondendo realtà e fantasia. Il resto del cast si dimostra pienamente all’altezza, alla perfezione l’atmosfera cupa e spaventata della Milano di allora. Quanto alla mitizzazione dell’antieroe, se è vero che il personaggio risulta anche simpatico è anche vero che Michele Placido non manca di mettere in luce i lati squallidi della vita da bandito in fuga, come il non veder crescere un figlio o vedere morire ammazzati i propri amici di infanzia, quando questi non tradiscono. Né d’altro canto gli vengono trovate giustificazioni come infanzia difficile o altre sciocchezze sociologiche. Vallanzasca, come nelle parole di Kim Rossi Stuart nel film, ha “ il lato oscuro un po’ più pronunciato”, ma per propria scelta e natura. E per non cadere nelle spire lussuriose del male, è bene conoscerlo e confrontarvisi, e film come questo possono essere uno spunto iniziale.
Se “Vallanzasca – Gli angeli del male” è un film apologetico, lo spettatore si risponderà dopo la battuta finale. Se un sorriso complice con quello del protagonista si disegnerà sulle nostre labbra alla fine del film, non saranno pochi quelli colti dal dubbio. Ma ricordiamo che sta scontando 4 ergastoli e 260 anni di reclusione (da poco è in una RSA poiché colpito da Alzheimer").
Al di là di ogni giudizio sulla sua storia personale e giudiziaria, il film racconta la vita dannata di un bandito e ci viene presentato un criminale spietato, narciso e cinico che, spinto da una fame di distruzione, stronca sì la vita di tanti innocenti ma demolisce anche se stesso. E se “il bel René” può risultare affascinante e persino simpatico, non è certo questa pellicola che l’ha reso tale. Basta leggere i giornali dell’epoca o guardare i filmati di quando i media si litigavano una sua battuta per capire che la creazione del personaggio-leggenda è avvenuta molto prima.
"C'è chi nasce scarafaggio, chi scienziato, chi santa Maria Teresa di Calcutta...io sono nato per fare il ladro"dice Vallanzasca
"Ciò che mi interessava era il percorso tragico, drammatico, crudele e personale di un uomo non costretto, ma consapevole di scegliere il male. Ciò che vedete sullo schermo è ciò che io ho assimilato di Renato Vallanzasca, la coabitazione in lui di elementi tanto contrastanti, brutalità, leggerezza, ironia, fascino, autolesionismo, lo rendono un personaggio iperbolico che si presta (e non è il solo) ad essere protagonista di un film", dice Kim Rossi Stuart, protagonista indiscutibile e profondo come sempre è nello scandagliare i ruoli .
Bella e "azzeccata" la colonna sonora curata dai Negramaro che regalano atmosfere anni Settanta e accompagnando con la loro "Voglio molto di più "i titoli di coda.
(Nastro d’Argento 2011 - Kim Rossi Stuart Miglior Attore per VALLANZASCA – Gli Angeli del Male
Ciak d’Oro 2011- Kim Rossi Stuart Miglior Attore per VALLANZASCA – Gli Angeli del Male )
Dalla conferenza stampa







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