TOMMASO, regia di Kim Rossi Stuart, 2016
Parto da un assunto: "Kim NON è Tommaso e Tommaso NON è Kim" . Va da sé che chi pensa e scrive e gira il proprio film, inevitabilmente cede qualcosa del proprio modo di vedere la vita. Ma nulla c'è di 'storiografico' o sociologico o personale. Almeno io non l'ho percepito.
Se "Anche libero va bene" ha toccato le corde del cuore con questo rapporto padre-figlio fatto di complicità e di scontri, per colmare vuoti che entrambi hanno, "TOMMASO" (mi) ha letteralmente travolto nei meandri di quella testa inquieta che "sbatte contro tanti muri" finché trova quel qualcosa che lo guida verso una sorta di risoluzione.
I due lavori possono senz'altro avere una certa continuità. Dice Kim: "Non volevo fare un sequel, ma poi mi sono reso conto che i due film sono collegati. Volevo affrontare due tematiche: il tragicomico desiderio di ogni essere umano di trovare una relazione amorosa e sessuale soddisfacente e la catena che ci lega alle generazioni che ci precedono”. Il primo film era "di pancia", questo scandaglia la mente di un personaggio. Che è quello che interessa a me. E ho sentito l’esigenza di affrontare tematiche così impegnative con uno sguardo ironico, di sorridere di queste nevrosi che condizionano così pesantemente le nostre vite".
E difatti, personalmente, pur non avendo nulla a che fare con le problematiche di Tommaso, mi sono immedesimata, mi ha fatto tenerezza, mi faceva rabbia quando mollava le "occasioni" con le donne che via via gli si presentavano davanti. Ho riso per le sue espressioni mentre aveva queste "visioni -allucinazioni" di nudi o atti sessuali pensati e,con sapienza e senza volgarità ,proposti. Quanti di noi, uomini e donne, sognano o fantasticano in questo senso, ad occhi aperti? Ecco, Kim Rossi Stuart li ha "materializzati".
E se qualcuno ha interpretato moralmente scorrette queste visioni, si sbaglia. Io credo invece che abbia dato della donna e dell'universo femminile un'idea 'alta', un'importanza sostanziale, vitale. E anche vederle incinte è un'immagine quasi sacra perché è la 'donna' che ha il privilegio di portare in grembo un bambino. Inoltre donne che, seppur abbandonate , procedono e non si piangono addosso.
Avrei dato uno scossone a Tommaso quando tentennava nell'esprimersi, anche verbalmente-e sì che sapeva farlo- perché mostrava a queste donne la parte peggiore di sé!! E se ne accorgeva, anche.E così giù a falciare erbaccia in campagna, come uno sfogo, come a volersi stancare fisicamente per allontanare i tarli della mente!
E' una sfida con l'umano che è in se stesso e che tende alla perfezione, all'assoluto. E la voglia di ricercare probabilmente è uno degli aspetti positivi di questo quarantenne che sa di poter ancora dare e ricevere. Non tutti possono seguire questo bambino che, abbandonato da una madre anche lei disorientata, si è perso simbolicamente dentro un uomo rimasto piccolo, nei suoi 40 anni, che non sa amare bene, perché non l'hanno saputo amare bene.
Tommaso nel film è un attore, ma il suo copione più difficile che gli preclude tutti gli altri è quello sempre uguale che vive ogni giorno. Si fa lasciare da Chiara (Jasmine Trinca), sembra un principio di libertà nuova e invece è la conferma che la paura lo ghiaccia e si rinnova. Finché la sua ossessione, proprio come i vermi di un nido di processionaria che viene debellato, cade, si scioglie, finisce, si secca e risolve.
Riuscirà dentro di sé a dare voce al bambino ferito, come già gli suggeriva inutilmente il suo amico pseudoanalista.Nel dolore anche fisico, riuscirà a conquistarsi un po’ di consapevolezza di ciò che è successo e finalmente potrà nuotare nel mare della vita.
TOMMASO è il frutto delle contraddizioni dell’uomo in quanto maschio e in quanto essere umano, la sua analisi approfondita rispecchia appieno la maturità acquisita con gli anni da Kim Rossi Stuart.
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