Ecco...direi che (a parte qualche domanda e relativa risposta 'di rito', che potevano essere evitate-tra cinema, teatro televisione quale....eccecc ) la spiegazione concisa e pregnante la dà Kim Rossi Stuart sul film "LE CHIAVI DI CASA" , 2004 , regia di Gianni D'Amelio.
Come si fa a spiegare un film di sentimenti? di anime che si incontrano/scontrano? di malattia, di lotte interiori? Semplicemente lo si vede. Perché questo film è fatto molto di sguardi, silenzi, sorrisi sereni o isterici, tentativi, corse, pensieri.
La vicenda descritta è quella di Gianni (Kim Rossi Stuart) un uomo con una moglie e un figlio di 8 mesi che vive a Milano che all’improvviso deve prendersi cura per la prima volta del figlio avuto dal matrimonio precedente. Paolo (Andrea Rossi) è un adolescente di 15 anni con un disturbo del neurosviluppo caratterizzato, tra l’altro, da lieve ritardo cognitivo e notevoli impedimenti alla deambulazione ed è stato cresciuto dagli zii materni dopo la morte della madre alla sua nascita.Gianni viene contattato dai genitori adottivi perché accompagni il ragazzo in una clinica tedesca, sperando che il ritrovare il padre naturale possa provocare il miracolo, ovvero la guarigione .
Padre e figlio si ritrovano catapultati in una sorta di viaggio iniziatico non facile per nessuno dei due. Paolo fatica a camminare, ripete quasi macchinalmente frasi sentite in bocca agli adulti ed ha a volte comportamenti incomprensibili, ma nonostante l'handicap è dotato di una vivacità di spirito straordinaria e coinvolgente. Gianni è un genitore facile all'entusiasmo per la vivacità del figlio, quanto impreparato per le sue reazioni .
Il primo incontro tra i due lascia pensare ad un percorso in salita. Nel treno verso l'ospedale tedesco, Paolo gli si avvicina con allegria, con la confidenza di una persona conosciuta da sempre. Gianni è contento della scoperta ma è impacciato, non sa fino a che punto deve aiutarlo (nel camminare, nel vestirlo, nel fare la pipì) o lasciare che orgogliosamente risolva da solo le sue difficoltà quotidiane. In ospedale, una signora (Charlotte Rampling) che da vent'anni si dedica ad accudire la figlia con la stessa infermità, se ne accorge subito: "mi sembra che lei si vergogna di suo figlio". Con lei Gianni si apre, spiega i suoi sensi di colpa, l'abbandono. E al tempo stesso comprende quanto possa essere complicato prendersi cura di Paolo. Ogni passo avanti, nel loro rapporto, è soggetto ad una repentina ritirata.
Ma perché 'le chiavi di casa'? La chiave è un simbolo, una metafora, apre porte ma le chiude anche. Le chiavi di casa le si dà ai figli quando possono adoperarle e segnano un momento di emancipazione. Il ragazzo le ha e le cita spesso, orgogliosamente. Per poi cambiare viso, tono, non appena si tenta di usare 'la chiave' per entrare nel cuore e nell'anima del protagonista. Perché, come detto da Kim nella breve intervista, è lui il personaggio principale.
Questo papà che deve farsi perdonare tante cose è premuroso, attento, ma magari non abbastanza da non accorgersi che sparisce, va via, prende un autobus da solo. E qui lo sconforto di Gianni, che vedremo spesso nel corso del film,poiché può far ricorso alle sole strategie che conosce ma certamente non funzionano :i gesti e i comportamenti di Paolo spesso seguono una logica del tutto originale, non razionalizzabile.
Il rapporto è segnato dal lento adattamento del genitore alla figura del ragazzo, che passa soprattutto attraverso un'accettazione della malattia da parte di entrambi. Gianni infatti si difende dal dolore e illusoriamente immagina di poter offrire al figlio ritrovato una vita bella come quella di tutti i suoi coetanei adolescenti che hanno storie d’amore, proiettando sul figlio quello che è il proprio desiderio di normalità. Sembra crearsi una netta separazione nella visione di Gianni tra un passato negativo colmo di sofferenze in cui lui non era presente e un futuro idealizzato in cui lui solo si occuperà di Paolo a Milano così tutto andrà magicamente bene.
Non è così. Ma forse potrà essere. Diciamo che a un dato momento, i ruoli sono ribaltati. Gianni non può fare altro che accogliere l'angosciosa presenza di quel lato oscuro e misterioso che vive in quell'essere così tenero. Di sicuro potranno essere lontani e diversi, senza la consolante possibilità di ragionare, quella rassicurante prevedibilità a cui ci si appoggia quando si ama una persona. Ma Paolo lo mette con i 'piedi per terra'.
“Stavi a piagne? Non devi piagne. Nun se fa' ccosì… Sto qua co’tte e tu piagni. Nun se fa' ccosì ” dice Paolo, abbracciandolo.
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