"La discrezione è il privilegio di potere assistere alla propria assenza" (Proust)

"La discrezione è il privilegio di potere assistere alla propria assenza"

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I POST si visualizzano DAL PIU' RECENTE AL PIU' DATATO. Vi aiuterà l'archivio in alto e, in basso, la scritta "post più vecchi". NON E' un sito di news. E' un racconto personale da chi lo segue da sempre e un omaggio alla carriera di Kim Rossi Stuart , dagli esordi all'oggi. (nei post cliccate su "Continua a leggere", necessario per alleggerire il sito ) BENVENUTI! BUONA LETTURA!

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sabato 28 dicembre 2024

Il "TOMMASO" di Kim Rossi Stuart : il coraggio di 'svestire' l'io (VIDEO)

TOMMASO, regia di Kim Rossi Stuart, 2016

Parto da un assunto: "Kim NON è Tommaso e Tommaso NON è Kim" . Va da sé che chi pensa e scrive e gira il proprio film, inevitabilmente cede qualcosa del proprio modo di vedere la vita. Ma nulla c'è di 'storiografico' o sociologico o personale. Almeno io non l'ho percepito.



Se "Anche libero va bene" ha toccato le corde del cuore con questo rapporto padre-figlio fatto di complicità e di scontri, per colmare vuoti che entrambi hanno,  "TOMMASO" (mi) ha letteralmente travolto nei meandri di quella testa inquieta che "sbatte contro tanti muri" finché trova quel qualcosa che lo guida verso una sorta di risoluzione.

I due lavori possono senz'altro avere una certa continuità. Dice Kim: "Non volevo fare un sequel, ma poi mi sono reso conto che i due film sono collegati. Volevo affrontare due tematiche: il tragicomico desiderio di ogni essere umano di trovare una relazione amorosa e sessuale soddisfacente e la catena che ci lega alle generazioni che ci precedono”. Il primo film era "di pancia", questo scandaglia la mente di un personaggio. Che è quello che interessa a me. E ho sentito l’esigenza di affrontare tematiche così impegnative con uno sguardo ironico, di sorridere di queste nevrosi che condizionano così pesantemente le nostre vite".

E difatti, personalmente, pur non avendo nulla a che fare con le problematiche di Tommaso, mi sono immedesimata, mi ha fatto tenerezza, mi faceva rabbia quando mollava le "occasioni" con le donne che via via gli si presentavano davanti. Ho riso per le sue espressioni mentre aveva queste "visioni -allucinazioni" di nudi o atti sessuali pensati e,con sapienza e senza volgarità ,proposti. Quanti di noi, uomini e donne, sognano o fantasticano in questo senso, ad occhi aperti? Ecco, Kim Rossi Stuart li ha "materializzati". 

venerdì 27 dicembre 2024

Lo stolto(ma non troppo) Calandrino di KIM ROSSI STUART in "MARAVIGLIOSO BOCCACCIO"

 





Quando Kim Rossi Stuart iniziò la sua carriera, per diversi anni gli venivano negate delle parti perché "troppo bello", lo ha spiegato in molte interviste. Spiazzante e limitante, ovviamente. Per fortuna pian piano questo limite è stato superato dalla bravura dell'artista, dai ruoli assegnati. Kim ha puntato molto sulla caratterizzazione per "celare" questa "scomoda"bellezza ( assurdo ma vero! ) .

Uno dei personaggi più caratteristico (sebbene non riesca ad apparire brutto... è impossibile! ) è quello di Calandrino in " MARAVIGLIOSO BOCCACCIO" dei Fratelli Taviani, nel 2015 .

mercoledì 25 dicembre 2024

KIM ROSSI STUART, scultore controcorrente in "ANNI FELICI" (VIDEO)












Non sapevo e non immaginavo che il film "ANNI FELICI", 2013, di Daniele Luchetti, fosse un racconto che viene dall'infanzia del regista, sebbene fatti reali siano mescolati a invenzioni e fantasie. Il sentimento, tuttavia, la delicatezza dei ricordi emerge e come pure la morbidezza della narrazione.

E' Dario, il ragazzino che ci presenta la famiglia. Dario in effetti è lui, Daniele, che osserva dall'esterno le peripezie, l'amore, i litigi, le passioni del papà Guido (Kim rossi Stuart) e della mamma  Serena (Micaela Ramazzotti) nei movimentati anni 70.



Intanto è proprio il 'mio' film. Ho rivisto e rivissuto il 'clima' che ho respirato direttamente ai tempi, tra teatro mimico-gestuale, azioni di strada, travestimenti, uso dei colori su visi per 'spiazzare' lo spettatore... E perciò mi sono immedesimata in Guido, con il suo desiderio di emergere in campo artistico in modo NON convenzionale. Erano gli anni dei referendum, dei banchetti nelle piazze per firmare. Coinvolgimento negli scioperi, riunioni femministe, sfilate di giovani 'alternativi'. Diciamo che percepivo 'ideali' da difendere e concretizzare. Sebbene girasse droga, anche pesante ed era l'aspetto più oscuro e tragico dell'epoca.


Tornando al film. I protagonisti in fondo mirano al raggiungimento del 'bello', ambiscono in modo diverso alla libertà di esprimersi e raggiungere una sorta di perfezione. Sono anni di cambiamento che invadono la vita di questa coppia che si ama ma non sa amarsi nel modo giusto. Troppo amore da parte di Serena che vuole entrare nella vita di Guido per supportarlo ma finisce spesso per essere ingombrante. Da parte sua Guido piace per questa fragilità che lo contraddistingue (a volte balbetta, assume una postura particolare) sebbene non molli mai l'obiettivo che si è posto nel lavoro e lo fa con tutti i mezzi. Si barcamena come può con il duro mestiere di artista, tra eccentriche sculture modellate sul corpo di alcune avvenenti modelle e happening dallo scarso successo di critica. 

domenica 22 dicembre 2024

KIM ROSSI STUART ,"il lato oscuro" in "Vallanzasca - Gli angeli del male" (VIDEO)

 
































"Vallanzasca - Gli angeli del male" , bella sfida...bella sfida soprattutto parlarne!  Perché di questo film (a mio avviso molto ben fatto) ho ancora la eco delle critiche negative, delle recensioni 'alte' e pesanti e addirittura di fazioni politiche che si sono permesse di boicottarne la proiezione, entrare in territori (giudicare un film) lontani dalle loro competenze, non solo,ma che forse farebbero meglio a valutare le 'loro' mancanze nel far rispettare le regole... "Apologia del crimine", questa la frase che aleggiava tra benpensanti . Come se di film su criminali non se ne fossero mai fatti. Il cinema americano ne è pieno. E non credo si siano sollevate sterili polemiche. Questo il 'brutto' detto sul film che tanto mi fece arrabbiare.

Venendo alle mie impressioni- mi astengo dal chiamarla recensione, apposta!- anche perché il ciclone Vallanzasca l'ho "vissuto", ai tempi, ed ero abbastanza grandicella per averne paura e al tempo stesso, esserne incuriosita. I tg erano pieni della sue 'gesta',era diventato un fenomeno mediatico nonché uno dei più 'ammirati da molte donne' (e qui , io, tentennavo perché era, in fondo, un criminale ehh!) .  L'arrivo nel carcere di Ariano Irpino, provincia del capoluogo in cui vivo, destò non poco scalpore. Ma ricordo anche la spettacolarizzazione delle tv locali di questo evento. 

Recarmi al cinema a vederlo , mi sembrò quasi doveroso, ben sapendo anche il cast e la regia. Erano i famosi anni ’70, brigatisti, celerini, camorra... io, a fine corso universitario, ho personalmente assistito a eventi per niente edificanti, anche nella mia cittadina. Frattanto, in tutta la Lombardia, tra Lodi e Milano, c’è un solo nome che risuona: quello di Renato Vallanzasca. Il criminale dal fascino oscuro, il criminale sanguinolento odiato dai carabinieri, colpevole di averne fatti fuori troppi durante i suoi colpi, il criminale delle grandi evasioni.Impossibile non trarne un film: è il fascino del male. Molti registi e sceneggiatori avevano provato a farlo. Michele Placido ci riesce scegliendo la via della biografia didascalica. Dal Vallanzasca ragazzino a quello delle grandi imprese, gli intrallazzi con la mafia e, soprattutto,il bisogno di farsi riconoscere, e riuscire nei 'colpi' che ha in testa di compiere. 

Non è il denaro che lo chiama, non è il lusso che cerca: è la sfida.E' furbo e intelligente – bisogna riconoscerlo –  e con la sua bella faccia tosta riesce a farla franca, a fare un figlio mentre è in carcere, a sposarsi pure, a evadere più volte da quel carcere e dare inizio a una escalation di furti e violenze che lo riporteranno dietro le sbarre ma anche su tutte le pagine dei giornali e in tv.

giovedì 19 dicembre 2024

"Questione di cuore", Kim Rossi Stuart e Antonio Albanese .Solo tre parole per una grande amicizia (VIDEO)


































































Film del 2009

QUESTIONE DI CUORE è  un bel film? Questa è la domanda . La risposta è SI.

Un'amicizia rara e  inattesa, che nasce e si sviluppa fra due malati di cuore ricoverati la stessa sera per un infarto. E forse anche la storia di un'amicizia maschile vista da occhi molto femminili e sensibili:  ogni volgarità è evitata,  ogni affetto è così bene analizzato e curato e  la lealtà di quell'amicizia è il sentimento cardine intorno al quale tutto ruota.

martedì 17 dicembre 2024

"ANCHE LIBERO VA BENE" : regista e attore KIM ROSSI STUART (VIDEO)


Mentre dalla strada arrivano rumori di traffico, clacson, movimento di gente indaffarata, all'interno di un modesto appartamento si consumano piccoli e grandi drammi, mescolati a risate, abbracci, urla, pianti e silenzi. In fondo come in tutte le case, diciamo. 

Tuttavia vi sono temi da cui spesso si sfugge, che si preferisce non raccontare, celandoli dietro ipocrisie. Ci vuole coraggio a raccontare la realtà, anzi una determinata realtà, al cinema ancora di più. Si potrebbe scivolare in una sorta di dolore melodrammatico ma lo stile asciutto e votato a cogliere le emozioni non lascia spazio ad alcun pietismo.

"ANCHE LIBERO VA BENE" è  uno di quei film in cui l'equilibrio tra regia e interpretazione, avendo la stessa matrice, diventa perfetto, e costituisce la chiave di volta della costruzione del film stesso. Sinceramente (sebbene inizialmente Renato doveva essere interpretato da un altro attore e non da Kim Rossi Stuart) non avrei visto nessuno in grado di 'trattare'  gli attori, in primis Tommaso e Viola come invece ha fatto il 'neo'regista Kim. Non fa sconti, Kim, e guarda la vita ad altezza degli 11 anni del ragazzino( Alessandro Morace).Il racconto fila senza scosse, ogni sequenza ha la sua ragione e il suo tempo, in questa storia di affetti disordinati , scatti di rabbia assieme ad  autentici slanci d'amore.



Avendolo visto senza leggere nulla in anteprima,le scene iniziali mi hanno divertito ed anche intenerito.  I fratelli che baruffano, papà Renato che tira giù dal letto Tommaso , a quanto pare abitualmente  urlando, e lo fa vestire in fretta perché corra a scuola; che brontola come di solito facciamo noi mamme per la camera in disordine ... E poi,di sera, tutti e tre nel letto, con i figli che si contendono questo padre 'tuttofare'. Belle scene, famiglia anomala ma unita. Questo il primo impatto. E i ragazzini liberi e responsabili nonché timorosi e rispettosi delle richieste del papà. 

domenica 15 dicembre 2024

Il viaggio tra musica e fantasmi del passato. KIM ROSSI STUART in "PIANO, SOLO" (VIDEO)

 Il  mio racconto del percorso artistico di Kim sta procedendo in linea temporale con i suoi lavori, sebbene ci saranno dei "siparietti" più vecchiotti o più recenti... Stavolta ho volutamente saltato l'anno 2006 e il primo film da regista "Anche libero va bene" per parlarne poi in modo più ampio.

Sono solita, per i film e per la musica, andare a vedere ciò che ha avuto meno risonanza o di cui si è comunque parlato meno.

E qui voglio parlare di un gioiellino intenso, ben fatto, pressoché introvabile (forse solo su una piattaforma) , ed è "PIANO, SOLO"  del 2007 



Quando ti capita di guardare un film su una storia vera , dal finale già noto, drammatico, ti poni con un animo preparato a commuoverti  o immalinconirti. Niente di tutto ciò.  Sono stata immersa totalmente. anche affascinata, sebbene sia vera e triste.

"Piano solo" racconta la storia di Luca Flores, un geniale musicista italiano, morto suicida nel 1995, poco prima di compiere quaranta anni.

Il film si apre sull'infanzia trascorsa in Africa, dove la numerosa famiglia si è trasferita per seguire il padre, Giovanni Flores, geologo di fama internazionale.

Dopo la morte della madre la famiglia Flores si disperde. I due fratelli maggiori vanno a studiare in Inghilterra, Luca e Barbara in Italia. A Firenze Luca si diploma in pianoforte con il massimo dei voti, ma il suo destino non è quello di diventare un pianista classico. E’ curioso di scoprire altri mondi, e incontra giovani innamorati del jazz che gli trasmettono la loro passione. Il suo grande talento, unito a un costante studio, porta Luca a suonare con i più grandi musicisti jazz dell'epoca, fra cui Chet Baker. Il film racconta non solo la parabola professionale, ma anche gli amori, e poi i turbamenti, di un giovane uomo che non riesce a venire a patti con i fantasmi del passato, fino alla tragica esplosione della follia. Una vita, quella di Luca Flores, raccontata attraverso la grazia del talento e la dannazione della malattia, dai momenti più solari a quelli più cupi, dalla compagnia degli amici alla solitudine disperante dell'autolesionismo...Dal romanzo di Walter Veltroni "Il disco del mondo – Vita breve di Luca Flores, musicista".

Avevo letto quanche recensione del libro di Walter Veltroni  e sommariamente sapevo l'argomento.Sommariamente. Il film parte dal libro ma, come viene spiegato nella conferenza stampa, proprio dal regista Milani, dallo sceneggiatore e soprattutto  dall'attore Kim Rossi Stuart, non ci si è soffermati troppo sugli aspetti autolesionisti, i ricoveri, l'elettroshock (che contribuisce a svuotare una persona e la sua mente). Il Luca Flores del film è un giovane solitario,  non ha smania di apparire,  vive contrasti, contraddizioni e sensi colpa in modo molto intimo. Magari, in quegli anni, altri si 'sfogavano' abbracciando alcune forme di fare politica, lui è in disparte, con la sua musica. E Kim, oltre il libro, "entra" in  Luca partendo dalle lettere ai familiari, alla fidanzata, i filmini,  i concerti, soprattutto l'ultimo da cui si evince il tormento e il progressivo allontanarsi dal mondo. 

  Nelle solari e colorate immagini iniziali in Mozambico questo bimbo mi è subito apparso differente e sensibile, bisognoso di conferme dell'amore da parte della madre che adorava e del padre sempre lontano. Questo padre che 'partiva sempre', che decideva il futuro dei figli e che lui, da grande, 'accuserà' per non avere tenuto unita la famiglia. Una famiglia segnata dalla morte della madre nell'incidente di cui Luca si sente in qualche modo responsabile perché gli sguardi complici e rassicuranti della mamma,  dallo specchietto retrovisore, furono la distrazione che provocò l'incidente. 



Questo l'incipit ma,come sempre dico, un film dove la parola è centellinata, appositamente, e contano sguardi, umori, silenzi, va solo visto.

"Piano solo" è un altro di quei film che mi ha preso completamente. Perché mi ha confermato che chi ha talento, chi possiede il cosiddetto 'orecchio acuto', e in un niente è capace di suonare opere complicate, passare da un genere all'altro, vive una condizione di superiorità.L 'essere genio, diciamolo, spesso isola. E non esiste altro linguaggio che la musica, in questo caso, il pianoforte.

 C'è molto pudore, nel racconto, soprattutto nel mostrare le emozioni più profonde. Così come sono stata rapita da Saverio in "Senza pelle", così mi è accaduto qui, ma in modo diverso. La fragilità di Saverio si percepisce da subito, così come si sa dei suoi problemi psichiatrici, le cure, la ribellione, la paura, la ricerca dell'Amore. 

Luca Flores, volendo, avrebbe costruito una vita "normale", una famiglia ...ma la musica lo aveva scelto. In fondo le cose non le cerca, gli arrivano, come fosse una calamita che attrae. E' lui che viene cercato da due jazzisti locali che avevano frequentato lo stesso conservatorio ,per cominciare la carriera in un trio locale; è lui che viene "catturato" dalla ragazza della sua vita ed è sempre lui che viene portato in tourneé europee. Tutto succede quasi per caso, come se fosse destino. E i progetti di una vita 'normale' che gli viene anche richiesta con decisione dalla fidanzata , sono poco compatibili con quelle di un artista che deve girare il mondo col suo piano. Luca non ha la forza per sopportare una vita anormale che gli piove addosso a causa del dono che ha ricevuto: la musica, e quella capacità di eccellere con una naturalezza incredibile sui tasti del pianoforte. 

martedì 10 dicembre 2024

KIM ROSSI STUART "Le chiavi di casa" , un film di sentimenti (2004) (VIDEO)








 

Ecco...direi che (a parte qualche domanda e relativa risposta 'di rito', che potevano essere evitate-tra cinema, teatro televisione quale....eccecc ) la spiegazione concisa e pregnante la dà Kim Rossi Stuart sul film "LE CHIAVI DI CASA" , 2004 , regia di Gianni D'Amelio.

Come si fa a spiegare un film di sentimenti? di anime che si incontrano/scontrano? di malattia, di lotte interiori?  Semplicemente lo si vede. Perché questo film è fatto molto di sguardi, silenzi, sorrisi sereni o isterici, tentativi, corse, pensieri.

La vicenda descritta è quella di Gianni (Kim Rossi Stuart) un uomo con una moglie e un figlio di 8 mesi che vive a Milano che all’improvviso deve prendersi cura per la prima volta del figlio avuto dal matrimonio precedente. Paolo (Andrea Rossi) è un adolescente di 15 anni con un disturbo del neurosviluppo caratterizzato, tra l’altro, da lieve ritardo cognitivo e notevoli impedimenti alla deambulazione ed è stato cresciuto dagli zii materni dopo la morte della madre alla sua nascita.Gianni viene  contattato dai genitori adottivi  perché accompagni il ragazzo in una clinica tedesca,  sperando che il ritrovare il padre naturale possa provocare il miracolo, ovvero la guarigione .

 Padre e figlio si ritrovano catapultati in una sorta di viaggio iniziatico non facile per nessuno dei due. Paolo fatica a camminare, ripete quasi macchinalmente frasi sentite in bocca agli adulti ed ha a volte comportamenti incomprensibili, ma nonostante l'handicap è dotato di una vivacità di spirito straordinaria e coinvolgente. Gianni  è un genitore  facile all'entusiasmo per la vivacità del figlio, quanto impreparato per le sue reazioni . 

Il primo incontro tra i due lascia pensare ad un percorso in salita. Nel treno verso l'ospedale tedesco,  Paolo gli si avvicina con allegria, con la confidenza di una persona conosciuta da sempre. Gianni è contento della scoperta ma è impacciato, non sa fino a che punto deve aiutarlo (nel camminare, nel vestirlo, nel fare la pipì) o lasciare che orgogliosamente risolva da solo le  sue  difficoltà  quotidiane. In ospedale, una signora (Charlotte Rampling) che da vent'anni si dedica ad accudire la  figlia con la stessa infermità, se ne accorge subito: "mi sembra che lei si vergogna di suo figlio". Con lei Gianni si apre, spiega i suoi sensi di colpa, l'abbandono. E al tempo stesso comprende quanto possa essere complicato prendersi cura di Paolo. Ogni passo avanti, nel loro rapporto, è soggetto ad una repentina ritirata.

Ma perché 'le chiavi di casa'? La chiave è un simbolo, una metafora, apre porte ma le chiude anche. Le chiavi di casa le si dà ai figli quando possono adoperarle e  segnano un momento di emancipazione. Il ragazzo le ha e le cita spesso, orgogliosamente. Per poi cambiare viso, tono, non appena si tenta di usare 'la chiave' per entrare nel cuore e nell'anima del protagonista. Perché, come detto da Kim nella breve intervista, è lui il personaggio principale.  

Questo papà che deve farsi perdonare tante cose  è premuroso, attento, ma magari non abbastanza da non accorgersi che sparisce, va via, prende un autobus da solo. E qui lo sconforto di Gianni, che vedremo spesso nel corso del film,poiché può far ricorso alle sole strategie che conosce ma certamente non funzionano :i gesti e i comportamenti di Paolo spesso seguono una logica del tutto originale, non razionalizzabile.

KIM ROSSI STUART e il suo Lucignolo :"anima grande" in "PINOCCHIO" (VIDEO)

 

Mi addentro, con qualche perplessità e riflessione, nel tema del film PINOCCHIO, di Benigni, del 2002. Tutto ciò mi arriva, sia dalla visione della pellicola  che dalle "critiche" degli "addetti ai lavori". Alle ultime, in verità, ho sempre dato poco peso. Non perché non vi siano autorevoli critici cinematografici ma perché la tendenza è più ad esaltare i difetti, le mancanze, le approssimazioni di un lavoro, che non le intenzioni del regista e il genere narrato. E poi, troppo spesso si s-cade nei paragoni...

Che con 'La vita è bella' Benigni avesse vinto l'Oscar o che si abbia nostalgia del Pinocchio di Comencini, non vuol dire che non si possa guardare con occhi scevri da condizionamenti un film che racconta una "favola". Oltre al fatto che non trovo necessario che si punti al capolavoro, o che 'dopo' un capolavoro non vi possa essere un film che dice tutt'altro e può essere accolto ugualmente bene. 

 Il film andrebbe visto come una favola, quale appunto è Pinocchio. E una fiaba non è solo eccitante, solo divertente, solo triste, solo allegra; è tutte queste cose insieme. Benigni, (aiutato dalle meravigliose scenografie di Donati e dalle musiche di Piovani) ha dato voce a quelle cose che troppo spesso, crescendo, dimentichiamo: la fantasia e l'ingenuità. E anche se certe caratterizzazioni possono sembrare troppo marcate o forzate, è gradevole immergersi in questo mondo 'incantato' con un Pinocchio sognante, trasognato e pasticcione.

lunedì 9 dicembre 2024

KIM ROSSI STUART è Gesù, o Jeoshua, ne "I GIARDINI DELL'EDEN" (VIDEO)


Tornando un po' indietro riguardo le prove attoriali di Kim al cinema, spicca ,ancora una volta con la regia di D'Alatri, come "Senza pelle", il film "I GIARDINI DELL'EDEN " DEL 1998.

Riassumendo in breve la trama:

 Gesù, o Jeoshua, dopo aver svolto l'apprendistato come carpentiere, si mette in cammino per il mondo. Arrivato a Gerusalemme, viene a contatto con l'arroganza dei ricchi e quella dell'invasione romana e fa di tutto per combatterla. Abbandonata la sfera mondana, entra nella comunità essena in cui sono aboliti la proprietà e il denaro e ne riceve i preziosi insegnamenti. Nel frattempo Jochannah,ovvero Giovanni Battista,riconosciutolo come l'atteso Messia , lo spinge ad iniziare la predicazione.

KIM ROSSI STUART in "UNO BIANCA" ( ovvero poliziotto per missione ) (VIDEO)










Peccato, davvero peccato che alcune piccole/grandi perle in tv e al cinema, sopra citate,  forse il grande pubblico non le abbia viste.  Tanto da affermare che 'UNO BIANCA' è il film che ha svelato le doti attoriali di Kim.

Per fortuna non sono molti, comunque, ad averlo conosciuto solo nel 2001.Nei siti dedicati ai film ho letto svariati giudizi proprio su "Senza pelle" "Cuore cattivo", "Il Rosso e il nero" che puntavano l'accento soprattutto sulle capacità interpretative dell'attore pur in ruoli così differenti. E, inoltre, un tipo di recitazione riconoscibile per intensità e compostezza.

Kim tuttavia si è spesso preso delle pause dai vari generi. Anche proprio dal lavoro, preferendo la qualità alla quantità, senza restare ingabbiato dalle regole dello star-system. 

Dopo quattro anni di assenza dagli schermi televisivi, torna nel 2001  come protagonista della fiction  "UNO BIANCA" diretta da Michele Soavi , in prima serata su Canale 5 dove interpreta l'ispettore capo Valerio Maldesi.  "Questo, lo dico con la massima sincerità, è un progetto che mi ha coinvolto moltissimo, a partire dal libro di Marco Melega "Baglioni e Costanza" che mi ha appassionato fin dalla prima lettura. Fra l'altro il film mi ha dato l'occasione di poter reincontrare il produttore Pietro Valsecchi. E' colpa sua se oggi faccio l'attore!" racconta Kim in un'intervista .

Il film, infatti, è ispirato liberamente al libro   "Baglioni e Costanza" (il racconto dei due  "antipoliziotti" di Rimini  ossessionati dalla ricerca della verità, i quali, con un lungo lavoro, hanno individuato e catturato i componenti della banda della Uno bianca, i fratelli Savi) .


 Tra il 1987 e il 1994  una banda spietata e senza volto si aggira per l’Emilia Romagna: svaligia banche e supermercati ma colpisce anche, a freddo, immigrati e, addirittura, forze dell’ordine. 

 Nella fiction , comunque, tutti i protagonisti hanno in realtà nomi diversi. I due poliziotti interpretati da Kim Rossi Stuart e Dino Abbrescia non si chiamano Luciano Baglioni e Piero Costanza ma Valerio Maldesi e Rocco Atria, così come i fratelli Savi sono diventati Michele e Silvio Ferramonti.

 Una scelta che non toglie assolutamente nulla al valore dell'intero prodotto, sebbene sia stata, alla presentazione con la stampa  ,(ahimé) fonte di polemiche da parte di alcuni parenti delle vittime della banda. Tentativi di bloccare la messa in onda, discussioni con avvocati ma le  polemiche  sono state , con fatica ma determinazione e professionalità, comprese, motivando le scelte. Il produttore Valsecchi  intendeva non ledere e mettere in difficoltà le persone ancora coinvolte nella storia ,stando  attenti a non citare nessuno. Una fiction verità può anche presentare una storia con nomi diversi. Il mistero della Uno bianca è stato risolto, almeno i colpevoli sono in galera...! Tra "fiction verità e film-indagine" e  "sceneggiato romanzato", in effetti i due “poliziotti buoni” del Commissariato di Rimini , indagando con ossessione, hanno fatto luce sulla vicenda e sgominato la banda. Il film si snoda dunque proprio raccontando i fatti dal punto di vista dei due investigatori-eroi.

domenica 8 dicembre 2024

Romanticismo, ardore, orgoglio,passione del Julien Sorel ne "IL ROSSO E IL NERO" con KIM ROSSI STUART (VIDEO)


Che male c'è avere delle ambizioni? Non sempre sono segno di arrivismo, non sempre sono proprie di uomini cinici. A volte sono legittimi desideri di portare avanti degli ideali, trovare il modo per esprimere le proprie passioni, coltivare i propri interessi, condividerli, diffonderli.

Questi pensieri mi venivano quando ho visto l'ottima trasposizione in film de "IL ROSSO E IL NERO " tratto dal libro di Stendhal , trasmessa in TV nel 1997.

Molte "critiche" hanno classificato il giovane Sorel, come un seduttore , uno che tenta una scalata sociale con mezzi, e mezzucci, fino a compiere atti crudeli per le ambizioni frustrate...Io darei un'altra lettura, in merito.

Certamente il romanzo è ispirato a un fatto di cronaca che ebbe notevole risalto nel 1827: il cosiddetto affaire Berthet, ovvero l’uccisione della figlia di un notaio da parte dell’amante, figlio di un fabbro. In questo episodio Stendhal ravvisa l’espressione di quei forti sommovimenti d’animo tipici dello strato più popolare della società che però vengono repressi dal clima della Restaurazione post-napoleonica e dalla crescente freddezza emotiva ed esistenziale della società francese. Non a caso, infatti, il sottotitolo dell’opera è Cronique du XIX siècle (in italiano: Cronaca del XIX secolo) e il titolo stesso può essere interpretato in due sensi differenti. Il “rosso” può infatti rappresentare la vita militare a cui Julien Sorel, il protagonista, ambisce mentre il “nero” a indicare l’abito talare e, quindi, la vita in seminario. Allo stesso modo il rosso può essere anche inteso come il colore della passione e il nero come quello della morte.




Nel Julien Sorel interpretato da Kim Rossi Stuart  si percepisce di più il fascino per gli  ideali della rivoluzione e il mito napoleonico, e la determinazione a farsi strada in una società, quella della Restaurazione (1815-30), che gli appare mediocre e falsa.

Grazie al suo talento come latinista e agli studi in teologia, Julien Sorel, un bel giovane di 18 anni, lascia la segheria del padre e inizia a lavorare  dal sindaco di Verrières,precettore presso la famiglia De Renal, una famiglia borghese di Besançon. L'incontro con la signora De Renal (Carole Bouquet)  è decisivo perché le buone intenzioni di trovare una sistemazione degna della sua preparazione e dell'appoggio del clero   ( voleva farsi prete, inizialmente )  presto sono sostituite da una irrefrenabile passione verso la donna, passione ricambiata. 

Da qui una serie di intoppi, il  vociferare sulla 'tresca' , le fughe di Julien che scappa non per vigliaccherìa ma per tentare di arginare i suoi forti sentimenti e tentare di chiudere, a malincuore, con l'amante . 

sabato 7 dicembre 2024

....MA QUALE "CUORE CATTIVO ", KIM ROSSI STUART ?! (VIDEO)



"Non ho mai capito se li scelgo già estremi, i personaggi o li estremizzo io, perché alla fine credo che solo così diventino interessanti... So solo che sono queste tipologie umane quelle che mi attirano". Disse Kim in un'intervista dopo la prima regia ("Anche libero va bene" 2005 ) 

E Claudio  Scalise di "CUORE CATTIVO"(1995) estremo lo è , nei gesti, nel suo parlare concitato in un romanesco stretto assolutamente ben comprensibile sebbene urli continuamente. Anzi, quella 'lingua' ci restituisce tutta la "borgataggine" di un ladruncolo con una pistola scarica , consumatore consapevole di cocaina che in fondo cerca aiuto. 

Tutto molto surreale, in quelle mura strette, strettissime, per un emarginato che si rifugia in questa casa e si imbatte in Esther, una ragazza paraplegica. Decide di prenderla  in ostaggio, non ha scelta. 

 Si improvvisa, agli occhi di Esther, tecnico telefonico, ma l'agitazione per il mancato furto alla tabaccheria, la paura di essere preso lo inducono a barricarsi aspettando che gli vengano dati un'auto e dei soldi e poi libererà l'appartamento, la giovane ragazza e fuggirà.

Il film è molto bello. Pensavo avesse un finale diverso, però... Non un lieto fine ma qualcosa che conciliasse le 'parti'...

venerdì 6 dicembre 2024

KIM ROSSI STUART in "SENZA PELLE" lascia lividi, graffi interiori ma tanto amore (VIDEO)

Mi ripeto.  Poteva Kim continuare, sebbene ancora molto giovane, ad essere l'idolo delle teenagers combattendo tra fate, streghe, rospi o lezioni del maestro Sakura e  Colpi del Drago a profusione? NO. 

Infatti, e per fortuna, fa teatro, televisione (Vincenzo Bellini in " La famiglia Ricordi "1993), e fa una sorta di bilancio, come detto in molte interviste, sul dare una svolta ad  una carriera che ancora non rispondeva ai suoi 'bisogni interiori'.

Il 1994 personalmente lo celebro come l'anno più significativo per l'ammirazione sempre nutrita verso questo attore (sceneggiatore e già  regista in nuce) 

Sono stata talmente presa dal film SENZA PELLE (del compianto Alessandro D'Alatri)  che ogni tanto vado a rivedere qualche pezzetto registrato ma vorrei davvero trovare il DVD e tenerlo.

Potrebbe apparire una storia drammatica di uno psicopatico che perseguita una giovane donna, uno sbandato rifiutato dalla società, la cui sorte è solo relegarsi nelle sue manìe  lontano dal mondo. Ma chi di noi non è un po' afflitto da ossessioni, visioni un po' distorte che talvolta ci allontanano dal reale?  Magari con aiuti, un po' di comprensione, coinvolgimento, li si supera.

Di certo, Saverio il protagonista, sta male. Non sappiamo le origini di queste turbe psicopatiche, forse il trauma della morte del padre. E' un senza pelle ( così lo definisce la psicologa che lo ha in cura) è trasparente, subisce senza mediazioni gli stimoli dall’ester­no. Vive tutto in maniera molto amplificata e con un’alta sensibilità  : a suoni, a odori, al tatto.

 L’avvenenza delle modelle delle riviste stimolano la sua sessualità negata dalla situazione psicologica e familiare. La madre aiuta Saverio ma il trattamento farmacologico certo non è da solo sufficien­te. Il giovane ha bisogno di relazioni, di accettazione, di affetto, di acco­glienza. Il mondo invece è tutt’al più indifferente, se non ostile, intorno a lui.

 E così sceglie  Gina, se ne innamora . Riccardo, il suo compagno con cui non è ancora sposata,  è un pacifico autista di autobus metropolitani ( Massimo Ghini ), ed hanno un bambino  di pochi anni. La loro esistenza, apparentemente ordinaria ma ancora un tantino confusa, viene stravolta dall’arrivo di Saverio il quale, a mio avviso, con il candore di un essere poco inquinato da sovrastrutture, fa anche aprire gli occhi a Gina e al suo rapporto forse insoddisfacente...



 Regala fiori, a Gina .." I fiori sono parole di Dio sparse per la Terra, segnano i confini della vita e fanno sì che il mondo abbia una forma. E' per questo che io ti cerco" , le dice

mercoledì 4 dicembre 2024

KIM ROSSI STUART: UN' INTERPRETAZIONE COME ..."DIO" COMANDA !










 "Se Dio fosse qui, gli direi "Non esisti!" Se sei onnipotente, sei cattivo; e se non sei cattivo, non sei abbastanza potente. Criminale o limitato, non sei un Dio all' altezza di Dio. Non servi. Gli atomi, il caso e il cozzo delle particelle bastano e avanzano per spiegare un universo così ingiusto. Non sei altro che un' ipotesi completamente inutile!".

Quanto mi risuonano forti queste frasi di un dialogo che considero tra i più belli e riusciti in teatro e nella versione televisiva sulla RAI , nel lontano 1996 .

Era bello quando il teatro entrava nelle case attraverso la TV. C'era una magia particolare perché i tempi e i modi di una recita su un palcoscenico sono molto diversi da qualsiasi altro genere.


"IL VISITATORE"   è il testo teatrale di un importante spettacolo di Eric-Emmanuel Schmitt, tradotto in 15 lingue e rappresentato in 25 paesi. In Italia è stato portato in scena per la prima volta nel 1996 per l’interpretazione di Turi Ferro e Kim Rossi Stuart con la regia di Antonio Calenda .


Aprile 1938. L’Austria è stata da poco annessa al Terzo Reich, Vienna è occupata dai nazisti, gli ebrei vengono perseguitati ovunque. In Berggasse 19, celeberrimo indirizzo dello studio di Freud, il famoso psicanalista attende affranto notizie della figlia Anna, portata via dalla Gestapo. Improvvisamente dalla finestra spunta un inaspettato visitatore intenzionato a intavolare con Sigmund Freud una conversazione sui massimi sistemi. 

Dapprima spaventato, poi  infastidito ma incuriosito, Freud si chiede : chi è quell’importuno? Cosa vuole?

Questo bizzarro, provocatore, curioso individuo in frac non può essere un ladro né uno psicopatico in cerca di assistenza, se ne accorge, Freud! Chi è dunque?

martedì 3 dicembre 2024

A TEATRO CON KIM ROSSI STUART

 Con un po' di nostalgia per i miei anni universitari, dove il famoso piano di studi era a indirizzo artistico-contemporaneo  e comprendeva esami di Storia del Teatro e dello Spettacolo (anche la tesi, su Antonin Artaud ) , mi avvicino alle esperienze di Kim sui palchi.

Erano i tempi della "sperimentazione", dei teatrini off, degli 'spazi di installazione' dove ti aggiravi assorbendo voci, luci e ti immergevi con serietà e immaginazione per evocare sensazioni ed emozioni. Magari non arrivavano subito! Però ti sentivi 'dentro' una magia e fuori c'era la, spesso squallida e confusa , realtà.

Ma tutto ciò è  stato un arricchimento. Credo che recitare in teatro sia una fucina importante dove poter utilizzare al meglio tecniche studiate sui libri o nei corsi, sulla propria pelle.

Nella carriera teatrale di Kim Rossi Stuart vanno citati senz'altro il "FILOTTETE"  di André Gide, regia di Walter Pagliaro ( nelle foto è  al Piccolo Teatro il 13 novembre 1987 ) : aveva 18 anni appena compiuti.

Per uno che fa sue le teorie di recitazione strasberghiane per esplorare profondamente le proprie esperienze emotive , portare realismo e verità nel personaggio, entrare in un contesto  più declamatorio nel "Filottete", risultava complicato. Ma Kim, da sempre rigoroso  nel lavoro, attrasse e conquistò gli spettatori (molto pubblico femminile 'urlante'...anche!) 

QUI QUALCHE IMMAGINE trovata dopo accurate ricerche 













Luca Ronconi,nel 1995, lo vuole nel suo "RE LEAR " nelle vesti di  Edmund, figlio non riconosciuto  di Gloucester . Da «L'Unità» 3 febbraio 1995  stralci di un'intervista al regista :

"I malvagi di questo spettacolo sono crudeli perché la natura è crudele. Edmund, per esempio, il figlio illegittimo di Gloucester, è spietato come sa essere il principio di selezione naturale. Un giovane che afferma la sua vitalità e la sua felicità, il suo diritto all'esistenza, trova "naturale" eliminare un padre stupido come il suo.  Le figlie di. Lear, lo stesso Edmund, non sono mostri all'inizio, anzi, ci sembrano quasi personaggi banali. Mostri lo diventano piano piano, sotto il peso di un potere che non hanno la capacità di controllare e di gestire. Ci sono vicini, certo, ma non è una lettura attualizzante. La loro somiglianza con l'oggi è nello spirito, non nelle analogie. In questo senso, ho cercato di essere didascalico senza essere ideologico[... ] Lear è un passionale e un violento che obbedendo alla senile e incestuosa attrazione per la figlia Cordelia, divide il suo regno per impedirle di andare sposa a un altro. Questo atto distruttivo e irresponsabile genererà una catena di azioni delittuose. E la follia di Lear è la somma della follia collettiva che lui ha provocato, l'ultimo atto autodistruttivo generato dalla sua irresponsabilità. Perché l'unità non può essere disunita: quando un regno, un paese, un'unità culturale si spaccano, il prezzo da pagare è altissimo. I pezzi si attirano e si respingono senza fermarsi più. Per suggerire questo concetto, ho detto agli attori di pensare a una calamita sotto la carta e a loro come pezzettini di ferro che si agitano scompostamente." 

 Il giovane Kim/ Edmund , in questo ruolo,  fu convincente 
















Con la regia di Antonio Calenda, nel Dicembre 1998, il giovane Kim Rossi Stuart interpreta il celebre monologo di William Shakespeare in un "AMLETO"  di 'quell'oggi' (e di 'questo oggi', ancora, direi..).Questo Amleto ha proprio convinto il pubblico dei giovani: si è prestato come specchio nel quale ritrovare un’immagine certo camuffata, ma veritiera della nostra età, così diversa da quella di nonni e genitori.
E’ questo  contrasto generazionale la guerra interiore che vive il bravissimo Kim Rossi Stuart: emotivo, timido ed indeciso incarna quello che è la realtà del giovane d’oggi, a disagio sempre e dovunque, smarrito perché privo di guide ed ideali. E anche chi, come Amleto, non ne è privo, timoroso a mostrarli, sceglie o di lasciarsi trasportare dal fiume della follia collettiva, oppure di rifugiarsi in una lucida pazzia che isola dal mondo.
Antonio Calenda affida  i ruoli di potere ad attori maturi  la cui recitazione tipicamente teatrale, è nettamente contrapposta all’istintività e alla naturalezza di Amleto e  Ofelia. La corruzione e la violenza del mondo degli adulti sono  piaghe che superano le barriere del tempo e dello spazio, che ci ricongiungono con i drammi e i soprusi di ogni tempo.

Amleto ha ideali, ma non è in grado di viverli manifestamente; tuttavia dentro di sé ha la forza per  portare fino in fondo il suo piano, senza abbandonarsi al vento, fatto di odio e tradimento, che soffia su di lui e sulla sua Danimarca.
Oggi come ieri risuonano profonde le parole di Shakespeare: “c’è del marcio nella società...”, ma noi ci siamo abituati a sentirne il cattivo odore .









Quando si dice un attore "perfetto per quel ruolo": Kim Rossi Stuart in "Cosa sarà" di Francesco Bruni

  Se mi piace un film, lo guardo fino allo..sfinimento! Certo... perché c'è sempre qualche dettaglio che può essere sfuggito, un dialogo...