"La discrezione è il privilegio di potere assistere alla propria assenza" (Proust)

"La discrezione è il privilegio di potere assistere alla propria assenza"

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giovedì 17 aprile 2025

Kim Rossi Stuart protagonista della miniserie "Il tunnel della libertà", nel 2004

Finora avevo messo da parte un lavoro egregio  in tv con protagonista Kim Rossi Stuart che merita di non essere tralasciato. 

 Ideata e prodotta dalla Palomar di  Carlo degli Esposti, "Il tunnel della libertà", miniserie televisiva diretta da Enzo Monteleone andò in onda nel novembre 2004 su Mediaset.

La fiction rievoca la straordinaria - e poco nota - avventura di due ingegneri italiani, Domenico Sesta e Luigi Spina, che nei primi anni ’60 scavarono sotto il Muro di Berlino un tunnel, riuscendo a portare in salvo da Est ad Ovest una trentina di persone.



La storia prende le mosse nel ’61 alla vigilia della chiusura dei check-point per gli abitanti dell’Est e della costruzione del Muro. Sconvolti per l’isolamento forzato nella zona Est del compagno di università Peter e della sua famiglia, Mimmo e Gigi escogitano un piano per fargli varcare il confine. Dopo un tentativo di fuga finito male con un camion, Mimmo, con la complicità dell’addetto agli archivi della facoltà e alcuni amici riusciti a superare lo sbarramento, progetta un tunnel che da una fabbrica in disuso ad Ovest sbuchi in uno scantinato ad Est. Dopo duro lavoro e varie peripezie, i nostri, complice il contributo finanziario dell’americana NBC interessata a filmare l'evento,  riescono nell’impresa, con notevoli intoppi e pericolosi  cambi di programma.

Raccontato con poesia da Enzo Monteleone assieme allo sceneggiatore Francesco Bruni,  "Il tunnel della libertà" corre veloce, appassiona per la freschezza dei suoi interpreti, commuove per l’umanità che buca lo schermo di un Kim Rossi Stuart sempre bravo e misurato. 

Un più che decoroso prodotto televisivo che ha il pregio di ’allungare’ la memoria corta degli spettatori tv e dei tanti giovani cui la scuola spesso superficialmente parla del nostro recente passato. Un film d’ideali "sulla forza di volontà e la speranza, sullo spirito di ribellione contro le assurdità della politica, per ricordare che tutti i muri, prima o poi, sono condannati a crollare", per dirla con Monteleone.

 La Berlino del film è stata ricostruita per esigenze scenografiche a Budapest. 

LA MINISERIE SI PUO' VEDERE QUI  https://mediasetinfinity.mediaset.it/movie/iltunneldellaliberta/il-tunnel-della-liberta_F011566601000101

VIDEO 






martedì 15 aprile 2025

Kim Rossi Stuart 'oltre' il mestiere di attore

 



Questo Blog (o Sito, che si voglia definire) ha esordito proprio con il carattere , il modo di essere dell'attore Kim Rossi Stuart. Già il titolo e i sottotitoli evidenziano la sua natura riservata, spesso timida, riflessiva, profonda.

Come spesso dice,  tra colleghi si scherza sul suo essere musone. Ma si scherza. A tratti l'essere 'serioso' lo fa apparire distante..Personalmente vedo tutt'altro. Kim preferisce ascoltare più che parlare. Se proprio deve farlo, misura le parole perché-ed è sacrosanto- le parole hanno un 'peso' e occorre trovare quelle opportune, giuste a seconda dei contesti. Già l'essere sotto i riflettori può imbarazzarlo ma è il suo lavoro. E ritengo che egregiamente sa rispondere anche 'a tono' quando dissente o quando nota frecciate... Con gentilezza, intelligenza  e ironia, ma lo fa.

L'artista si manifesta attraverso i suoi lavori...la persona la cogliamo attraverso gli sguardi e quelle poche parole pensate bene che arrivano dirette a chi sa ascoltarlo.

A tal proposito, ho scelto degli stralci da interviste che credo coincidano con quanto detto... Parlare di sé è complicato, a meno che l'interlocutore non sia capace di fargli domande precise da cui far scaturire un dialogo. Kim si espone senza mai entrare nel personale. Ciò che dice parte da sé ma deve assumere un'essenza più universale, che possa essere di tutti. Sia che parli del suo libro o dei suoi film o delle regie.
















venerdì 11 aprile 2025

Kim Rossi Stuart : articolo/intervista su 7 Corriere

 Per chi non ha avuto modo ancora di acquistare la rivista 7 allegata al Corriere della Sera : testo e foto 


IL GATTOPARDO E' ANCORA DENTRO DI NOI?

Kim Rossi Stuart-Don Fabrizio "L'opportunismo resta un carattere nazionale ma le cose cambiano..." di Paolo Di Stefano

"Il Gattopardo", Kim Rossi Stuart: «Come Don Fabrizio credo nella famiglia ma sono un padre migliore»

Qualcuno, alla sua uscita nel 1958, definì Il Gattopardo come il romanzo della crisi. Una gran bella intuizione, che ci può venire utile, quasi settant’anni dopo, per coglierne tutta l’attualità. La sua uscita fu un fulmine a ciel sereno, che divise il mondo delle lettere tra estimatori incondizionati e detrattori implacabili. Questi ultimi consideravano il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa un’opera vecchia, reazionaria e persino dannosa: è rimasta celebre la bocciatura di Elio Vittorini che ne respinse due volte la pubblicazione, per Mondadori e per Einaudi. Fatto sta che il libro, accolto da Feltrinelli, fu (ed è ancora) un successo strepitoso e inatteso, e cinque anni dopo, con il film di Visconti, la polemica riprese ancora più forte. Al centro, il protagonista, don Fabrizio, principe di Salina, che assiste inerte allo sbarco di Garibaldi in Sicilia e al cambio d’epoca per la nobiltà sicula. Il tema del trasformismo investe soprattutto il giovane Tancredi, nipote del principe, capace di adattarsi schierandosi ora qua ora là.

Kim Rossi Stuart è don Fabrizio – come fu Burt Lancaster per Visconti – nella miniserie tv tratta dal Gattopardo con la regia di Tom Shankland, Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti.

«Ho affrontato la parte», dice quasi divertito, «con una santa e fortunata incoscienza. Ho già detto che non avevo mai visto il film di Visconti e questo mi ha dato una grande libertà, un approccio spensierato. La statura letteraria del romanzo e del personaggio quella sì, mi ha fatto sentire un po’ più responsabile, ma grazie al cielo senza angoscia».

Che cosa le è rimasto della figura di don Fabrizio?

«Il tema del cambiamento è fondamentale, non tanto però nella solita accezione “gattopardesca”: mi sono chiesto piuttosto quanto nell’esperienza umana, pur essendo difficile rinunciare alle abitudini, alle rassicurazioni del passato e ai propri privilegi, sia persino salvifico il cambiamento, anche quando avviene in un contesto traumatico. L’idea che mi sono fatto è che tra i non detti, anche grazie all’ironia, ci sia una critica del materialismo e dell’opportunismo, un’inevitabile riflessione su cosa conta fare in questa vita al di là della difesa dei propri interessi». 

Il Gattopardo viene di solito identificato nella frase di Tancredi: «Perché tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Che cosa le suggerisce oggi?

«Tutto sommato, ho la sensazione che sia la crosta, non la sostanza del libro. Preferisco vedere nel cuore di questo romanzo, che amo e ho amato alla follia, un’altra frase famosa: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”. Questa presa di coscienza è malinconica ma lascia spazio a una volontà positiva». 

D’accordo, ma il gattopardismo trasformista di cui si parla quando si pensa al romanzo, rimane ancora nell’Italia attuale dopo tanto tempo?

«È un carattere eterno, che non riusciamo a scrollarci di dosso. Un opportunismo a salvaguardia dei propri valori: è un meccanismo inevitabile e connaturato, dal quale dovremmo sapere prendere le distanze. Ma confesso che guardo all’attualità da una distanza siderale».

Disinteressato alla politica?

«Diciamo che cerco di mantenere uno sguardo più grandangolare che mi consente di amare l’essere umano. Cosa che non mi sarebbe possibile se guardassi al microscopio l’attualità politica».

martedì 8 aprile 2025

...perché la serie Netflix , il Gattopardo e il Principe di Salina Kim Rossi Stuart sono fedeli al libro...

 



Mi sto impegnando -e anche un po' "divertendo"- a trovare quelle famose e ormai infondate differenze che alcuni puristi - o magari solo cultori del passato- cercano a tutti i costi di individuare nella serie Netflix  "Il Gattopardo" per poter dire un 'no' categorico all'adattamento televisivo. 

Va da sé che,  nel momento della sceneggiatura,  dopo aver  letto e scandagliato il testo originale, si possono tagliare, amplificare o modificare dei passaggi per adattare la storia alle necessità dello schermo, e l’autore letterario  fa da supporto per poter dare forma e concretezza alla realtà raccontata, molto spesso strutturata in relazione alle scene-chiave del libro (accade in qualsiasi trasposizione...) . 

E così cito dal libro di Tomasi di Lampedusa il noto discorso del rifiuto del Principe di Salina nel candidarsi al Senato. Nel libro è più lungo, con digressioni e arricchimenti necessari ad una narrazione scritta (soprattutto in un linguaggio dell'Ottocento) .

Nella serie, la dichiarazione pronunciata dal Principe Don Fabrizio Corbera, diventa secca, essenziale, pungente ma comunque pregnante e appassionata. Insomma fruibile da qualsiasi tipo di pubblico. E non si perde nulla dell'essenza e della grevità delle parole che esprimono con chiarezza la "sicilianità", quella di un tempo, quella odierna. Un discorso che sa di orgoglio e amarezza, di bei profumi antichi e di visioni di un futuro che sgretola inesorabilmente e lentamente il passato. 

(La differenza, se proprio se ne vogliono trovare, è che il discorso con Chevalley si svolge, nel libro, a casa dei Salina, nella serie, a Torino. Ciò è giustificato, appunto, da una sceneggiatura che ha semplicemente contestualizzato in altro modo i momenti più significativi del romanzo)

DAL LIBRO: "In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”[...] .

Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio. [...] 

Sono molto riconoscente al governo di aver pensato a me per il Senato e la prego di esprimere a chi di dovere questa mia sincera gratitudine; ma non posso accettare. Sono un rappresentante della vecchia classe, inevitabilmente compromesso col regime borbonico, e ad esso legato dai vincoli della decenza in mancanza di quelli dell’affetto. 

Appartengo ad una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due.Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni; e che cosa se ne farebbe il Senato di me, di un legislatore   inesperto cui manca la facoltà d’ingannare sé stesso, questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri? Noi della nostra generazione dobbiamo ritirarci in un cantuccio e stare a guardare i capitomboli e le capriole dei giovani attorno a quest’ornatissimo catafalco. Voi adesso avete bisogno di giovani, di giovani svelti, con la mente aperta al ‘come’ più che al ‘perché’ e che siano abili a mascherare, a contemperare volevo dire, il loro preciso interesse particolare con le vaghe idealità politiche.”  

Nulla, davvero nulla è stato travisato in questa serie ben cesellata. E senza ulteriori paragoni, mi auguro che venga apprezzata anche per aver attirato i giovani spingendoli ad avvicinarsi ed affezionarsi al bel  romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

da Anna Maffei (per questo Sito-Blog e per chi volesse condividere)

IL VIDEO  (si può ingrandire)



domenica 6 aprile 2025

Il 'Principe' Kim Rossi Stuart (e il suo Gattopardo) conquista i giovani

Vero, e forse inevitabile, che Il Gattopardo di Netflix  sta avendo e avrà  difficoltà a superare i pregiudizi del pubblico italiano, come è vero che in poche ore ha già sbalordito il pubblico internazionale. Anzi, proliferano recensioni da molti Paesi latini, oltre che dall'Europa.

 Il libero adattamento che tuttavia non sradica l'essenza del romanzo  è sacrosanto. Credo sia  necessario per  portarlo verso un pubblico del tutto nuovo, che magari adesso leggerà anche il libro e guarderà per la prima volta il capolavoro di Visconti, scoprendo altri due mondi nuovi e diversi.

 Sono Saul Nanni e Deva Cassel, con la temerarietà e la naturalezza  dei loro personaggi, ad attirare i più giovani . Il fascino  elegantissimo di Kim Rossi Stuart aiuta a riscoprire il senso profondo della figura gattopardesca. Il  pessimismo di Don Fabrizio non è rassegnazione, ma lucida analisi del Potere, di cui comprende le dinamiche meglio di chiunque altro ed è consapevole di un’identità ormai persa, tra il vecchio e il nuovo mondo. Quale stimolo migliore per le nuove generazioni? 


Credo sia culturalmente sterile pensare che solo ciò che appartiene al passato meriti di essere celebrato. L’ambizione di questo Gattopardo dovrebbe essere già un motivo sufficiente a suscitare almeno curiosità. Senza contare la grandiosità delle ambientazioni, la fedeltà a ogni particolare che evoca quell'epoca di sfarzo e rivoluzione.

E perciò inserisco volentieri dei 'momenti' della serie (video "casalinghi"...) 


“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra."




mercoledì 2 aprile 2025

Nuovissima recensione de "Il Gattopardo" con Kim Rossi Stuart da "Darumaview.it "

Direi che di  recensioni come questa, abbastanza 'obiettive' ce n'è bisogno. E non giungono dalla stampa cosiddetta "ufficiale" 

 Il Gattopardo – Una soave reinvenzione incantevole – Recensione della serie tv con Kim Rossi Stuart e Benedetta Porcaroli  (Stefano Falotico)

Il Gattopardo: Sorprendente, elegante e suadente serie tv distribuita su Netflix lo scorso 5 marzo.

UNO STRALCIO...leggi l'intera recensione QUI 

"È vero, come generalmente si è letto e detto, molte scene in esterni presentano inquadrature in stile, come si suol dire, cartolinesco e la Sicilia è spesso filmata in modo patinato e visivamente “folcloristico”, altresì la direzione registica è attenta a non franare negli abusati cliché, anche di matrice figurativa, e sa puntualmente eluder tal marcato, negativo “stilema” con sapienti espedienti che oscurano le banalità nel trascenderle con oculata inventiva sia fotografica che “pittorescamente” coreografica.

I paragoni col film di Visconti ci paiono impropri, dinanzi a questo Gattopardo non si deve partir col piede sbagliato ed esserne quindi prevenuti, giudicandolo aprioristicamente in modo miope e superficiale, poiché quest’operazione è semplicemente una più che decorosa trasposizione a sé stante. A nostro avviso, ribadiamo, Il gattopardo riluce di vita propria e sfavillante incede, episodio dopo episodio, pur con qualche grossolanità, caduta di gusto e talune eccessive lungaggini, accuratamente senza quasi mai annoiare, giostrandosi con briosità delicata nell’inanellare, in modo argutamente creativo, puntate toccanti dalle vette perfino altamente romantiche.

Sorretto, ancor evidenziamo dalla sentita prova istrionica e torreggiante d’un Rossi Stuart che non fa rimpiangere il mitico Lancaster, stagliandosi infatti imponente per impari presenza scenica assai magnetica, d’una Porcaroli lodevole, commovente e quanto mai espressiva, d’un Nanni (Supersex),  nobile “erede”, inteso in senso stavolta attoriale, del ruolo che fu del compianto Delon, che pur con qualche evidente titubanza e acerbità, dovute giustificatamente alla sua “immatura” età recitativo-anagrafica, se ne districa allo stesso tempo con sfacciata, persuasiva sicumera e grintoso piglio invidiabili. Sfoderando la sua angelica bellezza diafana con sfrontatezza non poco conturbante ed erotica.

"...perché Il gattopardo è, altroché, una gran bella serie tv di cui dovremmo andarne fieri, anziché stroncarla pedantemente, sterilmente e pretestuosamente volerne a tutti i costi ravvisarne “madornali” errori che invece son inesistenti o soltanto perdonabili e irrilevanti ai fini del suo valore sia di messinscena estetico formale che di riuscita finale.

Fotografia sontuosa di Nicolaj Brüel (Pinocchio), splendidi costumi e mastodontiche musiche firmate Paolo Buonvino.

Il gattopardo forse, anzi, senz’ombra di dubbio, è una serie tv che andava molto scorciata e che, come si suol dire, smarrendosi in digressioni futili a iosa, n’è appesantita ed inficiata. Ma, pur nella prolissa interezza artificiosa, a tratti tediosa, ci ha veramente avvinto e sostanzialmente convinto.

Regia: Tom Schankland, Giuseppe Capotondi, Laura Luchetti, Tom Shankland Con: Benedetta Porcaroli, Simona Distefano, Kim Rossi Stuart, Deva Cassel, omano Reggiani, Saul Nanni, Paolo Calabresi, Greta Esposito, Francesco Giulio Cerilli, Ludovica Nasti, Francesco Colella, Astrid Meloni Anno: 2025 Numero episodi: 6. Paese: USA, Italia Distribuzione: Netflix

mercoledì 26 marzo 2025

Perché esiste questo Blog su Kim Rossi Stuart...

 

Considerazioni: noto che, per fortuna o purtroppo, ora che Kim Rossi Stuart è tornato con la serie Netflix  (sebbene non più di 2-3  anni fa siano usciti BRADO e EVERYBODY LOVES DIAMONDS ) fioccano pareri positivissimi del pubblico ma è come se lo avessero "scoperto" adesso ... 

Non tutti. Ma 'tutti' hanno Romualdo negli occhi, nei ricordi e magari lì sono rimasti. E fin qui, anche normale. Il 'poco normale' è che anche chi ha apprezzato Kim in teatro, o nelle interpretazioni più note (Romanzo Criminale, Vallanzasca... ma sono il minimo ) resta meravigliato dalla bravura ne IL GATTOPARDO oppure si erge a critico letterario-cinematografico e giù le famose comparazioni. Che hanno stancato, in verità. 

Qui, nel Principe di Salina,  c'è il Kim ancora più maturo artisticamente che si fa una benevola risata quando gli si chiede 'se' ha fatto il provino (dopo 50 anni di carriera, NOTA BENE!  Geppi Cucciari scherza ma spiazza ... ) La serie lo ha calato in un personaggio che ha subito sentito appartenergli e di cui ha esaltato aspetti bui e solari, drammi e sensibilità, dolcezza, soprattutto onestà intellettuale. La stessa che Kim Rossi Stuart ha.

 Per questo le sue produzioni, attoriali e/o registiche sono centellinate nel tempo. Se deve uscire con un prodotto lo fa quando ne è convinto e gli piace. Il "mercato" può attendere. Inflazionarsi non è sempre un bene. E dunque il pubblico affezionato è quello che lo segue da sempre e "gli vuol bene" , e lo scrivo tra virgolette perché lui stesso lo disse.Troppo spesso si attribuisce alla parola "fan" un'accezione negativa.... Invece un fan è un estimatore, è quello che dà attenzione, fede, per anni ad un personaggio pubblico ma che riceve anche da lui. Riceve stimoli, emozioni, gioia, piacere di vederlo recitare, parlare. Anche questo è "voler bene" . 





E questo Blog, unitamente alla Pagina Facebook che è più visitata (i social dominano, ormai! ) hanno lo scopo di divulgare il Kim della gavetta, quello più impegnato, quello più leggero, senza mai sguazzare nei fatti personali. Ecco, SPERO che questo venga letto. A volte si divorano articoli di gossip con morbosa curiosità e invece si danno veloci occhiate a 'disanime' come questa mia. 

Per parlare di un argomento ci vuole conoscenza e approfondimento. Io, da estimatrice o fan come si voglia dire, da anni lo faccio. E guardiamo i film...solo così possiamo scoprire il valore di un artista e forse anche la sua anima. Anzi, certamente.





La pagina in FACEBOOK 

https://www.facebook.com/KRossiStuart/












lunedì 24 marzo 2025

Non smettiamo di guardare "Il Gattopardo" in Netflix con Kim Rossi Stuart !

 
Più lo guardo, più lo apprezzo. In tutti i suoi aspetti. La serie merita. L'interpretazione misurata e fedele di Kim Rossi Stuart, considerata dai più (critica e pubblico) tra le migliori dà peso e sostanza alla storia. 

Uno stralcio che racchiude le dinamiche familiari, i sentimenti, le situazioni socio-politiche del 'cambiamento' nella famiglia dei Salina.



venerdì 21 marzo 2025

Kim Rossi Stuart : proiezione e dibattito sul film "BRADO" invitato dalla Cappellania Università degli Studi Roma Tre

 E mentre la gente si 'azzuffa' tra commenti 'pro' o 'contro' IL GATTOPARDO  di Netflix , Kim Rossi Stuart continua a partecipare ad eventi 'non' mondani , invitato per i suoi lavori, anche passati. 

QUI lo si vede con allievi universitari dopo la proiezione del film  Brado ,  organizzato dalla Cappellania Università degli Studi Roma Tre 


Il film, trattando in modo profondo il rapporto padre-figli , nonché tematiche inerenti la famiglia, le dinamiche che possono minare o favorire l'unione, bene si inserisce in un discorso più ampio che coinvolge anche figure legate alla Chiesa o al 'credere', in senso lato 

DEL FILM questo blog si è occupato a QUESTO link:  https://kimrossistuartitalia.blogspot.com/2025/01/bradogeniale-regia-di-kim-rossi-stuart.html



domenica 16 marzo 2025

Intervista su REPUBBLICA (16 Marzo) a KIM ROSSI STUART

 Aspettavo, in verità, dopo la messa in onda e dopo la promozione, nonché dopo i seccanti confronti con il film di Visconti, qualcosa detta 'direttamente' da Kim ! Che, come suo costume, pondera l'esposizione pubblica, limitandola all'essenziale e importante (CHAPEAU, KIM!! ) 






























Kim Rossi Stuart: "Basta paragoni con Visconti"
di Silvia Fumarola
ROMA

Si aggira per la casa, ordinatissima, senza scarpe. Parquet chiaro, salotto inondato dalla luce, Kim Rossi Stuart abita a due passi da Lungotevere. L’unica traccia dei figli, Ettore, 13 anni, Ian 5, e Lea 3, è un tirannosauro sul tavolo. Eleganza naturale, quarant'anni di carriera, nella serie kolossal Il Gattopardo, firmata da Tom Shankland per Netflix, ha il ruolo di don Fabrizio Corbera, il principe di Salina. Un successo che divide («Giù le mani dal capolavoro di Luchino Visconti», «Glamour, nessun contesto storico», «Tutto si può rielaborare, il punto di vista è quello di Concetta»). L’attore offre una bella prova nel ruolo che fu di Burt Lancaster.
«Non ho mai visto il film. Ho letto la sceneggiatura e poi il libro.»

Adesso l’ha visto?
«Non ancora. Non abbiamo fatto il remake, per la serie siamo partiti dal libro. Sono cose diverse nei presupposti, che poi ci siano alcune scene simili è naturale. È una produzione fatta con grande cura, senza rinnegare niente e nessuno.»

Le polemiche?
«Penso di aver vinto la mia scommessa, non parlo per frustrazione ma per solidarietà nei confronti della categoria degli attori. Ho trovato fuori luogo che alcuni, prima di aver visto la serie, abbiano criticato – e quasi ridicolizzato – gli interpreti. Il paragone è improponibile.»

Ha detto che per il ruolo del principe è partito dalla voce.
«Ho seguito la parabola del personaggio: dalla carne allo spirito. Don Fabrizio si presenta con il suo ego, gli istinti primordiali, il desiderio di imporsi. Ho messo su ciccia e muscoli, studiato una voce profonda che restituisse la sua imponenza. Poi mi sono dedicato al viaggio spirituale, tra i non detti del libro: abbandonare la materia.»

Spieghi meglio.
«Il racconto, nel senso profondo, per me non è racchiuso nella frase “Cambiare tutto perché nulla cambi”. Quella è la crosta legata all’epoca, al potere. Il non detto è: tutto cambia per diventare polvere. A un certo punto, il principe si chiede: “Di questi 72 anni, quanto ho vissuto?”»

Chi considera aristocratico?
«Chiederlo a me, che ho sempre avuto un’attrazione per la strada e considero Pasolini fondamentale... Sono pure mezzo aristocratico: mia nonna, da parte di padre, era una nobile scozzese, ma mi sento distante. Tom sul set ripeteva concetti che mi sfuggivano: eleganza, gli aspetti positivi, la nobiltà d’animo, di comportamento. Oggi penso che l’aristocrazia andrebbe recuperata. Viviamo nella sguaiatezza, con presidenti di superpotenze senza stile, e non parlo solo dell’attualità recente. In Italia la decadenza è iniziata 20 anni fa.»

Nella serie Concetta è centrale. Il rapporto con Benedetta Porcaroli?
«Quasi mi vengono i lucciconi pensando ai ragazzi, a Benedetta, a Saul Nanni e a Deva Cassel. Sono sprofondato nella realtà dei personaggi. In Benedetta vedevo mia figlia tra vent’anni, un sentimento che esulava dalla mia volontà e dal raziocinio. Mi sento ancora suo padre, ce lo siamo detti con Benny.»

Che padre è?
«Non bisogna permettere che i figli si sentano responsabili o sovraccaricati, non devono coprire le spalle ai genitori. È un grande errore. Faccio il padre. È vero quello che si dice: dopo due maschi arriva la femmina e stravolge i parametri. Lea mette in atto comportamenti femminili di seduzione. Mi ha accolto con: “Brutto, cattivo, vattene via”. La mamma le aveva detto che sarei dovuto partire.»

Da piccolo ha vissuto in campagna, libero. Come si regola?
«Avrei optato per una maggiore autonomia, i bambini vanno anche messi alla prova, ma oggi vale il contrario. Vogliono essere consolati e temono le critiche. Dobbiamo riflettere sull’iperprotezione.»

Sua moglie Ilaria Spada è solare, lei introverso: com’è andata tra voi?
«È ancora un mistero. La nostra storia è particolare. Siamo apparentemente il giorno e la notte, lei è trascinante, simpatica e ironica. Dentro casa, la vita è un’altra. Ma mica ci mettiamo a fare gossip?»

No, pura curiosità. Rimpiange qualcosa dell’adolescenza?
«Non sono portato al rimpianto. Ho 55 anni, mi incammino verso la vecchiaia, devo farlo con rigore, ed è facile cadere nella trappola. Quello che accade, nel bene e nel male, va accettato. Però mi sarebbe piaciuto frequentare l’università.»

La bellezza che ruolo ha avuto?
«Non la vivevo bene quando registi importanti dicevano: “Grazie, hai fatto un bel provino, ma sei troppo bello per il ruolo”. Senza pelle di Alessandro D'Alatri segna la svolta. Anche da adulto, nel ruolo del pittore Calandrino con i Taviani, ho giocato su corde diverse.»

Nei film che ha diretto, Anche libero va bene, Tommaso e Brado, in cui Saul Nanni (che ne Il Gattopardo ha il ruolo di suo nipote Tancredi) interpretava suo figlio, ha raccontato di sé. Timori?
«Avrei voluto debuttare nella regia a vent’anni. Scrivere è sempre stata la cosa in cui mi sento più portato. La verità rende liberi, sempre. Mettersi a nudo è l’atto più costruttivo. Non temo la fragilità, la condivisione delle proprie debolezze è il primo passo nei rapporti: nel privato con mia moglie e nel legame col pubblico.»




Kim Rossi Stuart protagonista della miniserie "Il tunnel della libertà", nel 2004

Finora avevo messo da parte un lavoro egregio  in tv con protagonista Kim Rossi Stuart che merita di non essere tralasciato.   Ideata e prod...