Mi sto impegnando -e anche un po' "divertendo"- a trovare quelle famose e ormai infondate differenze che alcuni puristi - o magari solo cultori del passato- cercano a tutti i costi di individuare nella serie Netflix "Il Gattopardo" per poter dire un 'no' categorico all'adattamento televisivo.
Va da sé che, nel momento della sceneggiatura, dopo aver letto e scandagliato il testo originale, si possono tagliare, amplificare o modificare dei passaggi per adattare la storia alle necessità dello schermo, e l’autore letterario fa da supporto per poter dare forma e concretezza alla realtà raccontata, molto spesso strutturata in relazione alle scene-chiave del libro (accade in qualsiasi trasposizione...) .
E così cito dal libro di Tomasi di Lampedusa il noto discorso del rifiuto del Principe di Salina nel candidarsi al Senato. Nel libro è più lungo, con digressioni e arricchimenti necessari ad una narrazione scritta (soprattutto in un linguaggio dell'Ottocento) .
Nella serie, la dichiarazione pronunciata dal Principe Don Fabrizio Corbera, diventa secca, essenziale, pungente ma comunque pregnante e appassionata. Insomma fruibile da qualsiasi tipo di pubblico. E non si perde nulla dell'essenza e della grevità delle parole che esprimono con chiarezza la "sicilianità", quella di un tempo, quella odierna. Un discorso che sa di orgoglio e amarezza, di bei profumi antichi e di visioni di un futuro che sgretola inesorabilmente e lentamente il passato.
(La differenza, se proprio se ne vogliono trovare, è che il discorso con Chevalley si svolge, nel libro, a casa dei Salina, nella serie, a Torino. Ciò è giustificato, appunto, da una sceneggiatura che ha semplicemente contestualizzato in altro modo i momenti più significativi del romanzo)
DAL LIBRO: "In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”[...] .
Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio. [...]
Sono molto riconoscente al governo di aver pensato a me per il Senato e la prego di esprimere a chi di dovere questa mia sincera gratitudine; ma non posso accettare. Sono un rappresentante della vecchia classe, inevitabilmente compromesso col regime borbonico, e ad esso legato dai vincoli della decenza in mancanza di quelli dell’affetto.
Appartengo ad una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due.Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni; e che cosa se ne farebbe il Senato di me, di un legislatore inesperto cui manca la facoltà d’ingannare sé stesso, questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri? Noi della nostra generazione dobbiamo ritirarci in un cantuccio e stare a guardare i capitomboli e le capriole dei giovani attorno a quest’ornatissimo catafalco. Voi adesso avete bisogno di giovani, di giovani svelti, con la mente aperta al ‘come’ più che al ‘perché’ e che siano abili a mascherare, a contemperare volevo dire, il loro preciso interesse particolare con le vaghe idealità politiche.”
Nulla, davvero nulla è stato travisato in questa serie ben cesellata. E senza ulteriori paragoni, mi auguro che venga apprezzata anche per aver attirato i giovani spingendoli ad avvicinarsi ed affezionarsi al bel romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
IL VIDEO (si può ingrandire)
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