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mercoledì 26 febbraio 2025

"Il Gattopardo" - Kim Rossi Stuart, il Principe del Romanzo, non del film...




 Che  IL GATTOPARDO  assumerà una veste diversa, presentato sotto forma di serie non v'è dubbio.   Che possa essere paragonato al film con eventuali giudizi di valore direi che si possa evitare.

 Come detto più volte, intanto, aspettiamo di vedere. I presupposti, attraverso le dichiarazioni in conferenza stampa,  di un lavoro fedele, doviziosamente ricostruito e rispettoso del testo, ci sono tutti.

E per avvalorare quanto affermo, oso citare degli  stralci tratti dalle ultime pagine del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa . "Erano decenni che sentiva come il fluido vitale, la facoltà di esistere, la vita insomma, e forse anche la volontà di continuare a vivere andassero uscendo da lui lentamente ma continuamente come i granellini che si affollano e sfilano ad uno ad uno, senza fretta e senza soste, dinanzi allo stretto orifizio di un orologio a sabbia. In alcuni momenti d’intensa attività, di grande attenzione questo sentimento di continuo abbandono scompariva per ripresentarsi impassibile alla più breve occasione di silenzio o d’introspezione, come un ronzio continuo all’orecchio, come il battito di una pendola s’impongono quando tutto il resto tace; e ci rendono sicuri, allora, che essi sono sempre stati lì vigili anche quando non li udivamo. In tutti gli altri momenti gli bastava sempre un minimo di attenzione per avvertire il fruscio dei granelli di sabbia che sgusciavano via lievi, degli attimi di tempo che evadevano dalla sua vita e lo lasciavano per sempre; la sensazione del resto non era, prima, legata ad alcun malessere, anzi questa impercettibile perdita di vitalità era la prova, la condizione per così dire, della sensazione di vita; e per lui, avvezzo a scrutare spazi esteriori illimitati, a indagare vastissimi abissi interiori essa non era per nulla sgradevole: era quella di un continuo, minutissimo sgretolamento della personalità congiunto però al presagio vago del riedificarsi altrove di una individualità (grazie a Dio) meno cosciente ma più larga: quei granellini di sabbia non andavano perduti, scomparivano sì ma si accumulavano chissà dove [...] Don Fabrizio si guardò nello specchio dell’armadio: riconobbe più il proprio vestito che sé stesso: altissimo, allampanato [...]un Gattopardo in pessima forma. Perché mai Dio voleva che nessuno morisse con la propria faccia? Perché a tutti succede così: si muore con una maschera sul volto; anche i giovani[..]ripensò al proprio osservatorio, ai cannocchiali destinati ormai a decenni di polvere; al povero Padre Pirrone che era polvere anche lui; ai quadri dei feudi, alle bertucce del parato, al grande letto di rame nel quale era morta la sua Stelluccia; a tutte queste cose che adesso gli sembravano umili anche se preziose, a questi intrecci di metallo, a queste trame di fili, a queste tele ricoperte di terre e di succhi d’erba che erano tenute in vita da lui, che fra poco sarebbero piombate, incolpevoli, in un limbo fatto di abbandono e di oblio; il cuore gli si strinse, dimenticò la propria agonia pensando all’imminente fine di queste povere cose care. La fila inerte delle case dietro di lui, la diga dei monti, le distese flagellate dal sole, gli impedivano financo di pensare chiaramente a Donnafugata; gli sembrava una casa apparsa in sogno; non più sua, gli sembrava: di suo non aveva adesso che questo corpo sfinito, queste lastre di lavagna sotto i piedi, questo precipizio di acque tenebrose verso l’abisso. Era solo, un naufrago alla deriva su una zattera, in preda a correnti indomabili.Perché il significato di un casato nobile è tutto nelle tradizioni, nei ricordi vitali; e lui era l’ultimo a possedere dei ricordi inconsueti, distinti da quelli delle altre famiglie. Lui stesso aveva detto che i Salina sarebbero sempre rimasti i Salina. Aveva avuto torto. L’ultimo era lui. 

Ha ragione Kim Rossi Stuart ” :-“Credo che la frase, divenuta quasi un mantra “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi" venga assolutamente smentita dal romanzo. Alla fine, tutto cambia davvero e questo, secondo me, è il cuore del racconto.”  

Era un'epoca elegante, sfarzosa e il Principe possedeva, sì,  tanti lati negativi, detti e non detti nel romanzo ma , di contro, era il portavoce di  qualcosa che si è perso allora, come ora : la nobiltà d'animo. 

Il Principe di Salina   fa i conti con una classe dirigente sempre più arrogante, furba, opportunista...Noi facciamo i conti con una società che i valori li va perdendo, che corre per "mettersi in mostra", che mette in piazza con leggerezza esagerata i fatti personali(oltre che i drammi della società) spettacolarizzandoli. Mi viene da affermare che non sempre i cambiamenti portano cose edificanti.

Resta confidare nel recupero di quell'umanità cui tanto era affezionato Don Fabrizio! 

Anna Maffei






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