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sabato 26 aprile 2025

Kim Rossi Stuart su Be Sicily Mag , rivista cartacea e online

 Ovviamente una estimatrice cerca-e trova- un po' tutto in rete...

La rivista Be Sicily Mag è  un magazine quadrimestrale che racconta tutto il BEllo della Sicilia. In edicola e Online ogni giorno.

Il numero uscito oggi ha in copertina Kim Rossi Suart e all'interno un'intervista .

Ho acquistato la copia on line . Lo si può fare a questo link    https://shop.besicilymag.it

Intanto...qui la copertina e l'intervista 






























venerdì 25 aprile 2025

Articolo su Kim Rossi Stuart dal sito Fai Informazione - Social News




KIM ROSSI STUART, attore nato (ma non sapeva di esserlo...)

25/04/2025 

di Anna Maffei

Potrei iniziare sciorinando tutti i suoi lavori, da quelli degli esordi da piccolissimo, alcuni di grande popolarità ma scarso valore (per le sue esigenze espressive) fino all'oggi, fino all'eccellente interpretazione del Principe di Salina ne "Il Gattopardo" di Netflix.

Potrei anche dire che, ad un certo punto, quel giovanissimo Kim disorientato dinanzi a una macchina da presa, con la fatica di superare la timidezza,forse avrebbe voluto dedicarsi ad altro, proprio altro: lavori come il muratore , magari in edilizia acrobatica.

Meno male che è andata diversamente.

Perché, sebbene quel Romualdo tanto amato dalle ragazze non fosse nelle sue corde, si 'notava' che gli occhioni blu desideravano comunicare contenuti e sensazioni diverse ma certamente freddi e distanti non erano.



Kim Rossi Stuart nelle varie interviste, con la sincerità che lo contraddistingue, ha sempre affermato di non aver fatto studi 'alti' e lo diamo come assunto. Ma studiare  metodi recitativi, imparare il mestiere di attore a 15 anni, quando davvero si assorbe tutto, si cresce, ci si confronta, credo sia molto di più che un percorso scolastico con programmi che spesso esulano dagli interessi dei giovani. Oltretutto credo molto nello studio 'personale', negli approfondimenti di testi, in primis i classici, perché lì ci sono le radici del sapere, c'è filosofia, c'è Storia.

E, a proposto di tecniche , trovo che in Kim convoglino sia Stanislavskij e Strasberg che Meisner e Michael Chekhov. Metodi che in lui non appaiono slegati data una recitazione che giunge "naturale", per niente costruita. Eppure c'è tanto meticoloso studio, dietro...

 Kim non lascia nulla al caso. Si concentra sull'esperienza interna e sull'espressione emotiva cercando la "verità" nel personaggio, utilizzando memorie ed emozioni personali. Utilizza la "memoria sensoriale" riportando alla mente sensazioni fisiche associate a ricordi emotivi per evocare reazioni genuine durante la performance. Nonché l'immaginazione, per abitare la "psicologia del personaggio", unitamente all'espressione corporea, al gesto, allo sguardo.

E poi c'è un dato non meno importante che è l'osservazione del mondo e degli esseri umani.

 Kim Rossi Stuart, così notoriamente riservato e scarso frequentatore di consessi mondani, si guarda intorno, guarda il  vissuto di gente comune, i dolori, le gioie, i sacrifici, la semplicità e la complessità  del  quotidiano. E' lì che si attingono sentimenti e azioni. O spunti per le sue regie e per la scelta di chi interpretare. E le si confronta con le proprie.

Quando poi veste i panni di personaggi forti e fuori dalle righe, l'approccio emerge anche in modo più deciso. 

 "Vallanzasca", ribelle per eccellenza, Kim lo studia nel profondo. Perché la ribellione viene fuori sempre dalla rabbia. Non è dunque un'esaltazione della violenza ma scandagliare  il percorso esistenziale che ha formato quest'uomo che, oggettivamente, è stato un crimininale. "Ciò che mi interessava era il percorso tragico, drammatico, crudele e personale di un uomo non costretto, ma consapevole di scegliere il male. Ciò che vedete sullo schermo è ciò che io ho assimilato di Renato Vallanzasca, la coabitazione in lui di elementi tanto contrastanti, brutalità, leggerezza, ironia, fascino, autolesionismo, lo rendono un personaggio iperbolico che si presta (e non è il solo) ad essere protagonista di un film", dice Kim Rossi Stuart.

Credo che Kim, apprezzatissimo dai suoi colleghi e dalla critica, sia un attore (e un regista)  fuori da schemi, con un rigore tale che tutto ciò che interpreta (un uomo debole, un delinquente, un uomo di legge, un inquieto, uno psicopatico) colpisce per la verità e la naturalezza: se lo spettatore lo accoglie con piacere ed empatia ,l'attore sarà  riuscito nell'intento ("Quando lavoro, devo sempre avere la sensazione di fare una sorta di via crucis, di dissanguarmi. Sono uno che deve dare tutto quello che ha.-dice).

Kim parla poco. Nelle interviste- almeno le meno recenti- evidenzia la difficoltà di parlare... Attenzione, a mio avviso 'non' di parlare, quanto piuttosto di "spiegare" il perché di un film, il "come" sia entrato in un personaggio, i sentimenti personali e quant'altro abbia a che vedere con il cercare di far capire tutto quel lavoro a tavolino e lo sforzo di trovare i dialoghi giusti, le emozioni giuste. 

Come spiegare, per esempio, "Le chiavi di casa" ? Un film di sentimenti, di anime che si incontrano/scontrano, di malattia, di lotte interiori?  Semplicemente lo si vede. Perché questo film è fatto molto di sguardi, silenzi, sorrisi sereni o isterici, tentativi, corse, pensieri.  

Dunque, Kim Rossi Stuart, un po' più che altri attori del panorama italiano dell'ultimo ventennio(anche qualcosa in più...), ha bisogno di raccontare e raccontarsi attraverso le sue produzioni. Scegliendo meticolosamente temi che possano diventare universali e molto poco o per niente autobiografici. 

I temi ricorrenti nei film da regista sono la ricerca dell'universo  femminile, il rapporto padre-figlio, il dualismo Bene/Male. Sempre trattati da prospettive diverse.

Alla domanda "Chi è veramente un attore?" in una recente intervista, Kim Rossi Stuart risponde: "Tutto e il suo contrario. L’essere più inconsistente, vuoto e vanesio del mondo o qualcuno capace di accendere un lampo che aiuti a veicolare una presa di coscienza collettiva" .

PER APPPROFONDIMENTI sulla carriera, tutti i suoi lavori al cinema. in teatro e in TV , due spazi amatoriali (l'attore 'non' ha social): 

Il Blog in rete  "KIM ROSSI STUART: L'ARTE DI SCRUTARE L'ANIMA" https://kimrossistuartitalia.blogspot.com/

La Pagina Facebook   KIM ROSSI STUART-Blog amatoriale  https://www.facebook.com/KRossiStuart/

P.S. L'ARTICOLO SI PUO' VOTARE...

https://fai.informazione.it/8286A46B-2B46-4A96-8549-39223B02393F/KIM-ROSSI-STUART-attore-nato-ma-non-sapeva-di-esserlo

sabato 19 aprile 2025

..che "IL GATTOPARDO" resti con noi! Kim Rossi Stuart e l'eccellente cast della serie Netflix

 


Non è solo l'ammirazione per Kim Rossi Stuart che mi induce a ricordare che questa serie, tra discordantiaccoglienze, resta un altro kolossal.  Lo è per l'impegno a tutti i livelli di attori,  registi, sceneggiatori, maestranze, scelte dei luoghi...

E ogni volta che lo si rivede, si colgono altri, bellissimi dettagli.

Dall'Instagram di Astrid Meloni, figura determinante e indispensabile nella storia della serie, ho 'carpito' dei post che volentieri inserisco. Immagino le faccia piacere . Oltretutto dimostra il successo all'estero che ha guardato la serie con sguardo 'meno condizonato' dal noto film del 63 .

Il suo profilo è questo https://www.instagram.com/astrid_meloni/






giovedì 17 aprile 2025

Kim Rossi Stuart protagonista della miniserie "Il tunnel della libertà", nel 2004

Finora avevo messo da parte un lavoro egregio  in tv con protagonista Kim Rossi Stuart che merita di non essere tralasciato. 

 Ideata e prodotta dalla Palomar di  Carlo degli Esposti, "Il tunnel della libertà", miniserie televisiva diretta da Enzo Monteleone andò in onda nel novembre 2004 su Mediaset.

La fiction rievoca la straordinaria - e poco nota - avventura di due ingegneri italiani, Domenico Sesta e Luigi Spina, che nei primi anni ’60 scavarono sotto il Muro di Berlino un tunnel, riuscendo a portare in salvo da Est ad Ovest una trentina di persone.



La storia prende le mosse nel ’61 alla vigilia della chiusura dei check-point per gli abitanti dell’Est e della costruzione del Muro. Sconvolti per l’isolamento forzato nella zona Est del compagno di università Peter e della sua famiglia, Mimmo e Gigi escogitano un piano per fargli varcare il confine. Dopo un tentativo di fuga finito male con un camion, Mimmo, con la complicità dell’addetto agli archivi della facoltà e alcuni amici riusciti a superare lo sbarramento, progetta un tunnel che da una fabbrica in disuso ad Ovest sbuchi in uno scantinato ad Est. Dopo duro lavoro e varie peripezie, i nostri, complice il contributo finanziario dell’americana NBC interessata a filmare l'evento,  riescono nell’impresa, con notevoli intoppi e pericolosi  cambi di programma.

Raccontato con poesia da Enzo Monteleone assieme allo sceneggiatore Francesco Bruni,  "Il tunnel della libertà" corre veloce, appassiona per la freschezza dei suoi interpreti, commuove per l’umanità che buca lo schermo di un Kim Rossi Stuart sempre bravo e misurato. 

Un più che decoroso prodotto televisivo che ha il pregio di ’allungare’ la memoria corta degli spettatori tv e dei tanti giovani cui la scuola spesso superficialmente parla del nostro recente passato. Un film d’ideali "sulla forza di volontà e la speranza, sullo spirito di ribellione contro le assurdità della politica, per ricordare che tutti i muri, prima o poi, sono condannati a crollare", per dirla con Monteleone.

 La Berlino del film è stata ricostruita per esigenze scenografiche a Budapest. 

LA MINISERIE SI PUO' VEDERE QUI  https://mediasetinfinity.mediaset.it/movie/iltunneldellaliberta/il-tunnel-della-liberta_F011566601000101

VIDEO 






martedì 15 aprile 2025

Kim Rossi Stuart 'oltre' il mestiere di attore

 



Questo Blog (o Sito, che si voglia definire) ha esordito proprio con il carattere , il modo di essere dell'attore Kim Rossi Stuart. Già il titolo e i sottotitoli evidenziano la sua natura riservata, spesso timida, riflessiva, profonda.

Come spesso dice,  tra colleghi si scherza sul suo essere musone. Ma si scherza. A tratti l'essere 'serioso' lo fa apparire distante..Personalmente vedo tutt'altro. Kim preferisce ascoltare più che parlare. Se proprio deve farlo, misura le parole perché-ed è sacrosanto- le parole hanno un 'peso' e occorre trovare quelle opportune, giuste a seconda dei contesti. Già l'essere sotto i riflettori può imbarazzarlo ma è il suo lavoro. E ritengo che egregiamente sa rispondere anche 'a tono' quando dissente o quando nota frecciate... Con gentilezza, intelligenza  e ironia, ma lo fa.

L'artista si manifesta attraverso i suoi lavori...la persona la cogliamo attraverso gli sguardi e quelle poche parole pensate bene che arrivano dirette a chi sa ascoltarlo.

A tal proposito, ho scelto degli stralci da interviste che credo coincidano con quanto detto... Parlare di sé è complicato, a meno che l'interlocutore non sia capace di fargli domande precise da cui far scaturire un dialogo. Kim si espone senza mai entrare nel personale. Ciò che dice parte da sé ma deve assumere un'essenza più universale, che possa essere di tutti. Sia che parli del suo libro o dei suoi film o delle regie.
















venerdì 11 aprile 2025

Kim Rossi Stuart : articolo/intervista su 7 Corriere

 Per chi non ha avuto modo ancora di acquistare la rivista 7 allegata al Corriere della Sera : testo e foto 


IL GATTOPARDO E' ANCORA DENTRO DI NOI?

Kim Rossi Stuart-Don Fabrizio "L'opportunismo resta un carattere nazionale ma le cose cambiano..." di Paolo Di Stefano

"Il Gattopardo", Kim Rossi Stuart: «Come Don Fabrizio credo nella famiglia ma sono un padre migliore»

Qualcuno, alla sua uscita nel 1958, definì Il Gattopardo come il romanzo della crisi. Una gran bella intuizione, che ci può venire utile, quasi settant’anni dopo, per coglierne tutta l’attualità. La sua uscita fu un fulmine a ciel sereno, che divise il mondo delle lettere tra estimatori incondizionati e detrattori implacabili. Questi ultimi consideravano il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa un’opera vecchia, reazionaria e persino dannosa: è rimasta celebre la bocciatura di Elio Vittorini che ne respinse due volte la pubblicazione, per Mondadori e per Einaudi. Fatto sta che il libro, accolto da Feltrinelli, fu (ed è ancora) un successo strepitoso e inatteso, e cinque anni dopo, con il film di Visconti, la polemica riprese ancora più forte. Al centro, il protagonista, don Fabrizio, principe di Salina, che assiste inerte allo sbarco di Garibaldi in Sicilia e al cambio d’epoca per la nobiltà sicula. Il tema del trasformismo investe soprattutto il giovane Tancredi, nipote del principe, capace di adattarsi schierandosi ora qua ora là.

Kim Rossi Stuart è don Fabrizio – come fu Burt Lancaster per Visconti – nella miniserie tv tratta dal Gattopardo con la regia di Tom Shankland, Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti.

«Ho affrontato la parte», dice quasi divertito, «con una santa e fortunata incoscienza. Ho già detto che non avevo mai visto il film di Visconti e questo mi ha dato una grande libertà, un approccio spensierato. La statura letteraria del romanzo e del personaggio quella sì, mi ha fatto sentire un po’ più responsabile, ma grazie al cielo senza angoscia».

Che cosa le è rimasto della figura di don Fabrizio?

«Il tema del cambiamento è fondamentale, non tanto però nella solita accezione “gattopardesca”: mi sono chiesto piuttosto quanto nell’esperienza umana, pur essendo difficile rinunciare alle abitudini, alle rassicurazioni del passato e ai propri privilegi, sia persino salvifico il cambiamento, anche quando avviene in un contesto traumatico. L’idea che mi sono fatto è che tra i non detti, anche grazie all’ironia, ci sia una critica del materialismo e dell’opportunismo, un’inevitabile riflessione su cosa conta fare in questa vita al di là della difesa dei propri interessi». 

Il Gattopardo viene di solito identificato nella frase di Tancredi: «Perché tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Che cosa le suggerisce oggi?

«Tutto sommato, ho la sensazione che sia la crosta, non la sostanza del libro. Preferisco vedere nel cuore di questo romanzo, che amo e ho amato alla follia, un’altra frase famosa: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”. Questa presa di coscienza è malinconica ma lascia spazio a una volontà positiva». 

D’accordo, ma il gattopardismo trasformista di cui si parla quando si pensa al romanzo, rimane ancora nell’Italia attuale dopo tanto tempo?

«È un carattere eterno, che non riusciamo a scrollarci di dosso. Un opportunismo a salvaguardia dei propri valori: è un meccanismo inevitabile e connaturato, dal quale dovremmo sapere prendere le distanze. Ma confesso che guardo all’attualità da una distanza siderale».

Disinteressato alla politica?

«Diciamo che cerco di mantenere uno sguardo più grandangolare che mi consente di amare l’essere umano. Cosa che non mi sarebbe possibile se guardassi al microscopio l’attualità politica».

martedì 8 aprile 2025

...perché la serie Netflix , il Gattopardo e il Principe di Salina Kim Rossi Stuart sono fedeli al libro...

 



Mi sto impegnando -e anche un po' "divertendo"- a trovare quelle famose e ormai infondate differenze che alcuni puristi - o magari solo cultori del passato- cercano a tutti i costi di individuare nella serie Netflix  "Il Gattopardo" per poter dire un 'no' categorico all'adattamento televisivo. 

Va da sé che,  nel momento della sceneggiatura,  dopo aver  letto e scandagliato il testo originale, si possono tagliare, amplificare o modificare dei passaggi per adattare la storia alle necessità dello schermo, e l’autore letterario  fa da supporto per poter dare forma e concretezza alla realtà raccontata, molto spesso strutturata in relazione alle scene-chiave del libro (accade in qualsiasi trasposizione...) . 

E così cito dal libro di Tomasi di Lampedusa il noto discorso del rifiuto del Principe di Salina nel candidarsi al Senato. Nel libro è più lungo, con digressioni e arricchimenti necessari ad una narrazione scritta (soprattutto in un linguaggio dell'Ottocento) .

Nella serie, la dichiarazione pronunciata dal Principe Don Fabrizio Corbera, diventa secca, essenziale, pungente ma comunque pregnante e appassionata. Insomma fruibile da qualsiasi tipo di pubblico. E non si perde nulla dell'essenza e della grevità delle parole che esprimono con chiarezza la "sicilianità", quella di un tempo, quella odierna. Un discorso che sa di orgoglio e amarezza, di bei profumi antichi e di visioni di un futuro che sgretola inesorabilmente e lentamente il passato. 

(La differenza, se proprio se ne vogliono trovare, è che il discorso con Chevalley si svolge, nel libro, a casa dei Salina, nella serie, a Torino. Ciò è giustificato, appunto, da una sceneggiatura che ha semplicemente contestualizzato in altro modo i momenti più significativi del romanzo)

DAL LIBRO: "In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”[...] .

Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio. [...] 

Sono molto riconoscente al governo di aver pensato a me per il Senato e la prego di esprimere a chi di dovere questa mia sincera gratitudine; ma non posso accettare. Sono un rappresentante della vecchia classe, inevitabilmente compromesso col regime borbonico, e ad esso legato dai vincoli della decenza in mancanza di quelli dell’affetto. 

Appartengo ad una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due.Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni; e che cosa se ne farebbe il Senato di me, di un legislatore   inesperto cui manca la facoltà d’ingannare sé stesso, questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri? Noi della nostra generazione dobbiamo ritirarci in un cantuccio e stare a guardare i capitomboli e le capriole dei giovani attorno a quest’ornatissimo catafalco. Voi adesso avete bisogno di giovani, di giovani svelti, con la mente aperta al ‘come’ più che al ‘perché’ e che siano abili a mascherare, a contemperare volevo dire, il loro preciso interesse particolare con le vaghe idealità politiche.”  

Nulla, davvero nulla è stato travisato in questa serie ben cesellata. E senza ulteriori paragoni, mi auguro che venga apprezzata anche per aver attirato i giovani spingendoli ad avvicinarsi ed affezionarsi al bel  romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

da Anna Maffei (per questo Sito-Blog e per chi volesse condividere)

IL VIDEO  (si può ingrandire)



domenica 6 aprile 2025

Il 'Principe' Kim Rossi Stuart (e il suo Gattopardo) conquista i giovani

Vero, e forse inevitabile, che Il Gattopardo di Netflix  sta avendo e avrà  difficoltà a superare i pregiudizi del pubblico italiano, come è vero che in poche ore ha già sbalordito il pubblico internazionale. Anzi, proliferano recensioni da molti Paesi latini, oltre che dall'Europa.

 Il libero adattamento che tuttavia non sradica l'essenza del romanzo  è sacrosanto. Credo sia  necessario per  portarlo verso un pubblico del tutto nuovo, che magari adesso leggerà anche il libro e guarderà per la prima volta il capolavoro di Visconti, scoprendo altri due mondi nuovi e diversi.

 Sono Saul Nanni e Deva Cassel, con la temerarietà e la naturalezza  dei loro personaggi, ad attirare i più giovani . Il fascino  elegantissimo di Kim Rossi Stuart aiuta a riscoprire il senso profondo della figura gattopardesca. Il  pessimismo di Don Fabrizio non è rassegnazione, ma lucida analisi del Potere, di cui comprende le dinamiche meglio di chiunque altro ed è consapevole di un’identità ormai persa, tra il vecchio e il nuovo mondo. Quale stimolo migliore per le nuove generazioni? 


Credo sia culturalmente sterile pensare che solo ciò che appartiene al passato meriti di essere celebrato. L’ambizione di questo Gattopardo dovrebbe essere già un motivo sufficiente a suscitare almeno curiosità. Senza contare la grandiosità delle ambientazioni, la fedeltà a ogni particolare che evoca quell'epoca di sfarzo e rivoluzione.

E perciò inserisco volentieri dei 'momenti' della serie (video "casalinghi"...) 


“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra."




mercoledì 2 aprile 2025

Nuovissima recensione de "Il Gattopardo" con Kim Rossi Stuart da "Darumaview.it "

Direi che di  recensioni come questa, abbastanza 'obiettive' ce n'è bisogno. E non giungono dalla stampa cosiddetta "ufficiale" 

 Il Gattopardo – Una soave reinvenzione incantevole – Recensione della serie tv con Kim Rossi Stuart e Benedetta Porcaroli  (Stefano Falotico)

Il Gattopardo: Sorprendente, elegante e suadente serie tv distribuita su Netflix lo scorso 5 marzo.

UNO STRALCIO...leggi l'intera recensione QUI 

"È vero, come generalmente si è letto e detto, molte scene in esterni presentano inquadrature in stile, come si suol dire, cartolinesco e la Sicilia è spesso filmata in modo patinato e visivamente “folcloristico”, altresì la direzione registica è attenta a non franare negli abusati cliché, anche di matrice figurativa, e sa puntualmente eluder tal marcato, negativo “stilema” con sapienti espedienti che oscurano le banalità nel trascenderle con oculata inventiva sia fotografica che “pittorescamente” coreografica.

I paragoni col film di Visconti ci paiono impropri, dinanzi a questo Gattopardo non si deve partir col piede sbagliato ed esserne quindi prevenuti, giudicandolo aprioristicamente in modo miope e superficiale, poiché quest’operazione è semplicemente una più che decorosa trasposizione a sé stante. A nostro avviso, ribadiamo, Il gattopardo riluce di vita propria e sfavillante incede, episodio dopo episodio, pur con qualche grossolanità, caduta di gusto e talune eccessive lungaggini, accuratamente senza quasi mai annoiare, giostrandosi con briosità delicata nell’inanellare, in modo argutamente creativo, puntate toccanti dalle vette perfino altamente romantiche.

Sorretto, ancor evidenziamo dalla sentita prova istrionica e torreggiante d’un Rossi Stuart che non fa rimpiangere il mitico Lancaster, stagliandosi infatti imponente per impari presenza scenica assai magnetica, d’una Porcaroli lodevole, commovente e quanto mai espressiva, d’un Nanni (Supersex),  nobile “erede”, inteso in senso stavolta attoriale, del ruolo che fu del compianto Delon, che pur con qualche evidente titubanza e acerbità, dovute giustificatamente alla sua “immatura” età recitativo-anagrafica, se ne districa allo stesso tempo con sfacciata, persuasiva sicumera e grintoso piglio invidiabili. Sfoderando la sua angelica bellezza diafana con sfrontatezza non poco conturbante ed erotica.

"...perché Il gattopardo è, altroché, una gran bella serie tv di cui dovremmo andarne fieri, anziché stroncarla pedantemente, sterilmente e pretestuosamente volerne a tutti i costi ravvisarne “madornali” errori che invece son inesistenti o soltanto perdonabili e irrilevanti ai fini del suo valore sia di messinscena estetico formale che di riuscita finale.

Fotografia sontuosa di Nicolaj Brüel (Pinocchio), splendidi costumi e mastodontiche musiche firmate Paolo Buonvino.

Il gattopardo forse, anzi, senz’ombra di dubbio, è una serie tv che andava molto scorciata e che, come si suol dire, smarrendosi in digressioni futili a iosa, n’è appesantita ed inficiata. Ma, pur nella prolissa interezza artificiosa, a tratti tediosa, ci ha veramente avvinto e sostanzialmente convinto.

Regia: Tom Schankland, Giuseppe Capotondi, Laura Luchetti, Tom Shankland Con: Benedetta Porcaroli, Simona Distefano, Kim Rossi Stuart, Deva Cassel, omano Reggiani, Saul Nanni, Paolo Calabresi, Greta Esposito, Francesco Giulio Cerilli, Ludovica Nasti, Francesco Colella, Astrid Meloni Anno: 2025 Numero episodi: 6. Paese: USA, Italia Distribuzione: Netflix

Quando si dice un attore "perfetto per quel ruolo": Kim Rossi Stuart in "Cosa sarà" di Francesco Bruni

  Se mi piace un film, lo guardo fino allo..sfinimento! Certo... perché c'è sempre qualche dettaglio che può essere sfuggito, un dialogo...