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venerdì 7 novembre 2025

Kim Rossi Stuart visto da Mario Sesti : gli occhi di un critico che 'sa' di cinema

 Ritengo che essere critici (cinematografici, nelllo specifico) necessiti di una serie di caratteristiche che spesso non ritrovo, leggendo qua e là, e soprattutto in questi ultimi tempi. Già la parola "critica"  rimanda a quella di "giudizio" . E giudicare è senz'altro difficile, in ogni ambito. Più  di tutto, oltre le competenze tecniche, la passione per la scrittura, lo studio che deriva dalla visione di film di vario genere, credo che fondamentale sia  non sentirsi superiori al film o all'opera che si sta analizzando, ma trattarla con rispetto e serietà. 




Ecco, queste caratteristiche le ho trovate in due recensioni/ riflessioni di Mario Sesti  su due film con  Kim Rossi Stuart : "Anche libero va bene" e "Anni felici"



Ne riporto qui degli stralci :

 "Buona parte della potente forza di attrazione ed empatia del film  Anche libero va bene  sta nel fatto che il bambino protagonista ha una percezione della realtà così intensa che gli è impossibile schivare la formidabile serie di problemi che la vita gli lancia contro. Come tutti i migliori film sull’infanzia (De Sica docet), la relazione Padre/figlio, si rovescia: è il bambino, nel compiersi del film, che diventa protettivo nei confronti del padre (ovvero, direbbe Joyce: padre del proprio padre).

 Questo rovesciamento è allo stesso tempo così misterioso e toccante che nulla, oltre il film, è in grado di spiegarlo meglio.  E’ il bambino che sopporta e resiste: benchè sia il più innocente. Rileggendo le recensioni, tutte buone, che il film ha avuto, si scopre che ciò che viene sottolineato, soprattutto, è il legame edipico (la storia di due uomini innamorati della stessa donna) o la vulnerabilità dell’infanzia.

 In realtà la sorprendente sensibilità di tutta l’opera sta nel rendere così intimi per lo spettatore due tratti che chiunque abbia avuto un infanzia, conosce bene: la sua solitudine (che è anche un mondo di libertà e scoperta: che il protagonista abita a cielo aperto, sopra i tetti, senza che alcun adulto lo sappia) e la forza incredibile dell’infanzia, di affrontare ogni svantaggio senza avere alcuna delle reti di protezione (materiali e psichiche) degli adulti.

 Alessandro (Tommaso) , nel film, è sempre un metro avanti agli altri. E il primo a porre il problema dei problemi (“E se poi se ne va via un’altra volta?”), il primo ad accorgersi che si è verificato, l’unico capace di entrare in soccorso del padre. Sopporta e resiste.

 Ora, io credo che nel film di Kim Rossi Stuart ci sia un talento all’opera così evidente da farne il miglior esordio degli ultimi anni (insieme a Miele della Golino).  Credo che abbia, come pochi film italiani, una capacità di frugare nella fobia più profonda della nostra cultura (l’unità della famiglia) come solo altri grandissimi film italiani hanno saputo fare (due esempi fra tutti: Rocco e i suoi fratelli e Il ferroviere) in modo tale da scuoterci (commuoverci e spaventarci, allo stesso tempo) come soltanto il vero cinema riesce a fare. Credo anche che il film possieda capacità di concentrazione drammatica e narrativa, una qualità di interpretazione così pericolosa, una regia tanto semplice quanto impeccabilmente efficace, che  basterebbero da sole a giustificarne la scelta.

 Ma ciò che amo soprattutto, nel film, è questa idea di cinema, così vicina al cinema, da raccontare il punto di vista dei più deboli mostrandone la forza. Non so se si possa definire una sorta di  risarcimento. Ma è qualcosa che appartiene alla sfera della giustizia, della bellezza del bene, dell’empatia che ci aiuta a cercare di continuare a rimanere umani (c’è qualcuno, oggi, che pensa di non averne bisogno?). Non sono categorie estetiche, ma io penso che appartengano al cinema come il dettaglio di uno sguardo allarmato, la panoramica sullo skyline di New York ed un controluce sulla nebbia." (Mario Sesti da Facebook, 14 marzo 2018)

Festa del cinema  2015: singolare sezione dedicata a "I film della Vita" . Mario Sesti sceglie "Anche libero va bene " - Il video: 


E qui, un articolo uscito su "Uffpost" nel 2013 

Ma quanto è bravo Kim Rossi Stuart?

Se dico questo ad una donna, comincia a guardarmi con aria di compassione, come a dire: "Bravo??". Sembra infatti che Kim Rossi Stuart, ancor prima di essere un attore dal talento indecifrabile e misterioso - ha anche diretto forse il più bell'esordio italiano da molti anni a questa parte, Anche libero va bene - sia di una bellezza esagerata.

Avere a che fare con essa, fa parte della sua intelligenza di interprete. Gli attori troppo belli, infatti, devono innanzitutto dimostrare di non essere capitati davanti alla macchina da presa per quello, e allo stesso tempo evitare di entrare in competizione con la propria bellezza [...] Devono, insomma, apparire un po' inconsapevoli di sè, come se fossero gli unici a non saperlo, quanto sono belli: "Chi, io??". Ecco, Kim Rossi Stuart è bravissimo proprio in questo "Chi, io??". 
Un mio amico che non si occupa di cinema (e che è più intelligente di me) dice che un grande attore si misura dalla quantità di espressioni diverse di stupore di cui è capace. [...]. 
In Anni felici, il bel film di Daniele Luchetti in uscita nelle sale, Kim Rossi Stuart è un artista d'avanguardia degli anni '70 che deve fronteggiare la scoperta che una moglie appassionata, Micaela Ramazzotti, in possesso della stessa libertà che a lui spetta di diritto, può innamorarsi di un'altra donna.
Attraversa la vita, e il film, in uno stato di costante incapacità di fronteggiarla (un critico d'arte spietato, una compagna che cresce, una creatività che lo travolge). Hai quasi l'impressione che reciti con la capacità di dilatazione della pupilla, con la mobilità della mascella o delle palpebre, con il fremito delle basette generose che presidiano la barba incolta - Luchetti sta a distanza microscopica con la sua cinepresa: è un film "in costume" molto interessante proprio perché ricostruisce un decennio del passato non attraverso scenografie e costumi, ma attraverso sguardi, sentimenti, conflitti tipici del vissuto di quel mondo.

Kim Rossi Stuart è bravissimo a simulare di non saper simulare (quando mente alla moglie sull'esito di una performance) ma anche quando fa scorrere sul suo volto un precipizio di pensieri ignoti quando la moglie gli fa confessare tutti i tradimenti (come dice il poeta, tutto ciò che ho di più segreto passa su questo volto) o quando fissa i propri figli in preda ad una disperazione di cui non può parlare loro. Un attore del genere è importante quanto un romanziere o un pittore (e ci sembra di vederlo ad una frase del genere: "Chi, io??").

Detto questo, il film ha una sua musicalità densa, impalpabile, dolente e ininterrotta - è anche la storia di un amore lesbico raccontata senza scandalo o provocazione - e possiede una modulazione tenue e avvolgente di tenerezza e di collera cui il regista del Portaborse e della Nostra vita ha consegnato un diario personale e segreto. 
L'espediente romanzesco del punto di vista (gli occhi di un bambino) consente una messa a fuoco ancor più tagliente, nitida e spietata dello smarrimento degli adulti cui tocca perennemente fingere un controllo delle cose che nessuno possiede.  (Mario Sesti

Lo vediamo da questo montaggio video


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